Il Pontefice a Bozzolo e Barbiana. E ai parroci del mondo, seguendo le orme di don Mazzolari, chiede di avere "buon senso"

Papa Francesco termina il suo pellegrinaggio sulle tombe di don Mazzolari, a Bozzolo (Mantova), e di don Milani, a Barbiana (Firenze). "Sono pellegrino sulle orme di due parroci che hanno lasciato una traccia luminosa, per quanto 'scomoda'" dice, ricordando che "i parroci sono la forza della Chiesa in Italia. Quando sono i volti di un clero non clericale, essi danno vita ad un vero e proprio "magistero dei parroci", che fa tanto bene a tutti". 
Ai parroci del mondo, seguendo l'insegnamento di don Mazzolari chiede di avere "buon senso": "Non dobbiamo massacrare le spalle della povera gente".

Prima del suo discorso, il vescovo di Cremona, Antonio Napolioni, annuncia che il processo di beatificazione di don Primo partirà il 18 settembre prossimo

Dopo la visita a Bozzolo, durata circa un'ora e mezzo, Bergoglio prega sulla tomba di don Milani, a Barbiana (Firenze), accolto dal cardinale Giuseppe Betori, arcivescovo della diocesi, e dal sindaco di Vicchio (Firenze) Roberto Izzo. Dopo la visita in privato nel cimitero, e la preghiera sulla tomba di don Milani (1923-1967), in occasione del 50esimo anniversario della sua morte, incontra nella chiesa i discepoli di don Milani ancora in vita. 

Davanti a loro, il Pontefice dà il riconoscimento della Chiesa al sacerdote: "Non posso tacere che il gesto che ho oggi compiuto vuole essere una risposta a quella richiesta più volte fatta da don Lorenzo al suo Vescovo", affer e cioè che fosse riconosciuto e compreso nella sua fedeltà al Vangelo e nella rettitudine della sua azione pastorale". "In una lettera al Vescovo scrisse: 'Se lei non mi onora oggi con un qualsiasi atto solenne, tutto il mio apostolato apparirà come un fatto privato'. Dal card. Silvano Piovanelli, di cara memoria, in poi gli arcivescovi di Firenze hanno in diverse occasioni dato questo riconoscimento a don Lorenzo. Oggi lo fa il Vescovo di Roma. Ciò non cancella le amarezze che hanno accompagnato la vita di don Milani – non si tratta di cancellare la storia o di negarla, bensì di comprenderne circostanze e umanità in gioco -, ma dice che la Chiesa riconosce in quella vita un modo esemplare di servire il Vangelo, i poveri e la Chiesa stessa".

Per il Papa bisogna "ridare ai poveri la parola, perché senza la parola non c'è dignità e quindi neanche libertà e giustizia: questo insegna don Milani. Ed è la parola che potrà aprire la strada alla piena cittadinanza nella società, mediante il lavoro, e alla piena appartenenza alla Chiesa, con una fede consapevole". 

Agli educatori, sull'esempio di don Milani chiede di insegnare ai giovani a crescere con "coscienza libera, capace di confrontarsi con la realtà e di orientarsi in essa guidata dall'amore, dalla voglia di compromettersi con gli altri, di farsi carico delle loro fatiche e ferite, di rifuggire da ogni egoismo per servire il bene comune".

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