Una vita in fuga. Sadjo, Mamadou e Cheick non hanno mai smesso di scappare. Arrivano da alcune delle zone più martoriate dell'Africa (Mali e Senegal), sono scampati a diverse guerre, sopravvissuti nel deserto, hanno dormito nelle foreste e attraversato, su barconi malconci, il Mediterraneo fino a Catania. Poi, sono arrivati a Settimo Torinese al Centro d'accoglienza Fenoglio della Croce Rossa. Qui sono stati due anni nel limbo dei 'richiedenti asilo' e hanno imparato l'italiano, superato l'esame di terza media, studiato da meccanici e ottenuto la possibilità di un lavoro. Hanno trovato, finalmente, un po' di pace, che rischia, però, di rivelarsi illusoria. Perché Sadjo, Mamadou e Cheick rischiano di nuovo di dover partire. Hanno ricevuto dalla Commissione territoriale il diniego del riconoscimento dello status di rifugiato (come di una protezione sussidiaria o umanitaria), nonostante le vite nei loro Paesi d'origine siano in pericolo. Una decisione che li ha fatti immediatamente uscire dal progetto Sprar, il Sistema di protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati il cui coordinamento è affidato all'Anci. Proprio nel momento in cui sarebbe iniziata la fase della 'restituzione' al Paese che li ha accolti: lavorando e pagando le tasse (leggi l'intervista al responsabile del centro di Settimo Ignazio Schintu)