di Andrea Capello
Roma, 16 nov. (LaPresse) – Con oltre centro presenze in nazionale Sergio Parisse è il simbolo del rugby italiano. Da dieci anni il campione italo-argentino vive a Parigi dove veste la maglia dello Stade Francais ed è uno dei beniamini incontrastati del pubblico transalpino. Da ‘parigino acquisito’ Parisse racconta a LaPresse le sue emozioni dopo i sanguinosi attentati terroristici dello scorso 13 novembre che hanno causato oltre cento morti sconvolgendo la capitale francese e la vita dei suoi cittadini.
Come sta affrontando questi giorni dopo i fatti terribili che hanno colpito la città dove vive?
Come chiunque altro, parigino o no, che si trova in questa splendida città. Con disagio, preoccupazione, terrore e rabbia.
Che atmosfera si respira all’interno della squadra e qual è il morale dei suoi compagni di squadra francesi?
Un’atmosfera surreale. Io e i miei compagni viviamo questo sconcerto in un ambito di estrema solidarietà. Per quelli francesi credo sia un dolore ancora più grande visto che coinvolge anche i loro parenti e amici.
Pensa che lo sport possa avere un ruolo importante per far vedere che la Francia ed il mondo in generale non si piegano al terrorismo?
Certamente si, lo sport è sempre stato motivo di aggregazione ed identificazione, sia all’interno di una squadra che per i tifosi assumendosi l’onere, e non sempre riuscendoci, di essere d’esempio.
Sapere che uno degli attentati era programmato nel corso di una partita di calcio (l’amichevole Francia-Germania allo Stade de France, ndr) la preoccupa in maniera particolare per i suoi prossimi impegni sportivi?
Sicuramente sì. Il terrorismo normalmente sceglie di colpire i punti di grande aggregazione come un concerto o una partita. Situazioni di grande spensieratezza, tramite le quali, oltre a raggiungere un grande numero di persone, punta a minare la serenità della gente portandola a non partecipare più a questi eventi di grande socializzazione.
Edinson Cavani e David Luiz, calciatori sudamericani del Paris Saint Germain, hanno detto che potendo “non rientrerebbero” a Parigi. Condivide il loro pensiero o meno?
Pur rispettando la loro opinione, sentendomi parte integrante di questa città, mi sembrerebbe di tradire il mio amore per lei e tutti i miei amici francesi riconoscendo così la vittoria del terrorismo.

