Di Fabio De Ponte
Città del Vaticano, 24 ott. (LaPresse) – “Il primo dovere della Chiesa non è quello di distribuire condanne o anatemi, ma è quello di proclamare la misericordia di Dio” e questo Sinodo “significa anche aver spogliato i cuori chiusi che spesso si nascondono perfino dietro gli insegnamenti della Chiesa, o dietro le buone intenzioni, per sedersi sulla cattedra di Mosè e giudicare, qualche volta con superiorità e superficialità, i casi difficili e le famiglie ferite”. E’ un duro affondo quello contenuto nel discorso ai vescovi di Papa Francesco alla conclusione del Sinodo.
UNA CHIESA APERTA E TRASPARENTE. Bergoglio non entra nel merito delle conclusioni raggiunte dai prelati. Non accenna alla comunione ai divorziati, né alla questione dei gay. Questo lo farà dopo, quando produrrà un proprio testo. Ma rivendica la scelta di voluto aprire la Chiesa al confronto, di aver consegnato ai vescovi la responsabilità di partecipare alla direzione nuova della Chiesa, e di averli messi nella condizione di farlo in trasparenza, con i numeri di ogni singola votazione pubblicata oggi al termine dei lavori. Questo Sinodo, dice il Pontefice, “significa aver cercato di aprire gli orizzonti per superare ogni ermeneutica cospirativa o chiusura di prospettive, per difendere e per diffondere la libertà dei figli di Dio, per trasmettere la bellezza della novità cristiana, qualche volta coperta dalla ruggine di un linguaggio arcaico o semplicemente non comprensibile”. Un confronto anche dai toni duri, a volte anche con attacchi allo stesso Pontefice, ma comunque un confronto vivo, utile: “Nel cammino di questo Sinodo – ha detto Bergoglio – le opinioni diverse che si sono espresse liberamente, e purtroppo talvolta con metodi non del tutto benevoli, hanno certamente arricchito e animato il dialogo”.
GUARDARE IN FACCIA LA REALTA’. Perché la Chiesa non si deve nascondere nel suo fortino, non può scappare dalla realtà, anzi dalle realtà, al plurale. Il senso di questo Sinodo è “aver cercato di guardare e di leggere la realtà, anzi le realtà, di oggi con gli occhi di Dio, per accendere e illuminare con la fiamma della fede i cuori degli uomini, in un momento storico di scoraggiamento e di crisi sociale, economica, morale e di prevalente negatività”.
“I VERI DIFENSORI DELLA DOTTRINA SONO SULLO SPIRITO NON SULLA LETTERA”. Perché “i veri difensori della dottrina – e qui c’è il pesante richiamo, senza giri di parole, l’invito ad aprire gli occhi – non sono quelli che difendono la lettera ma lo spirito; non le idee ma l’uomo; non le formule ma la gratuità dell’amore di Dio e del suo perdono”. Solo comprendendo questo si può “esaltare la grandezza del vero Dio, che non ci tratta secondo i nostri meriti e nemmeno secondo le nostre opere, ma unicamente secondo la generosità illimitata della sua Misericordia”.
“LA F.A.M.I.G.L.I.A.: ECCO I COMPITI DELLA CHIESA”. Un discorso che, nel testo scritto, riporta una nota a margine, nella quale il Papa offre una formula molto originale per raccontare la sua famiglia. Attraverso le iniziali della parola, Bergoglio compone una ‘acrostica’, vale a dire una sequenza di definizioni, ciascuna delle quali indica un compito della Chiesa. E il punto più significativo arriva alla lettera I: “Ideare – scrive il Papa – una rinnovata pastorale famigliare che si basi sul Vangelo e rispetti le diversità culturali; una pastorale capace di trasmettere la buona novella con linguaggio attraente e gioioso e di togliere dai cuori dei giovani la paura di assumere impegni definitivi; una pastorale che presti una attenzione particolare ai figli che sono le vere vittime delle lacerazioni famigliari; una pastorale innovativa che attui una preparazione adeguata al Sacramento matrimoniale e sospenda le pratiche vigenti che spesso curano più l’apparenza di una formalità che un’educazione a un impegno che duri per tutta la vita”.
“NESSUNA FAMIGLIA FUORI DALL’ABBRACCIO DELLA CHIESA”. E che sintetizza tutto l’approccio nuovo sulla famiglia di questo pontificato all’ultima A: “Amare incondizionatamente tutte le famiglie e in particolare quelle che attraversano un momento di difficoltà: nessuna famiglia deve sentirsi sola o esclusa dall’amore o dall’abbraccio della Chiesa; il vero scandalo è la paura di amare e di manifestare concretamente questo amore”.

