Di Ester Castano

Torino, 18 ago. (LaPresse) – Gli italiani hanno scoperto la ‘doggy bag’, uno su cinque la chiede al ristorante. Il 20% dei clienti a fine pasto si porta a casa gli avanzi che ha lasciato nel piatto. E’ quanto emerge dall’indagine Coldiretti sui comportamenti alimentari del Belpaese dalla quale emerge, peraltro, che il 28%, la percentuale maggiore tra i frequentatori di ristoranti e pizzerie, non lascia alcun avanzo quando va a mangiare fuori. Originariamente il termine ‘doggy bag’ permetteva di fingere che il cibo fosse per gli animali da compagnia dei clienti, anzichè per i clienti stessi. Letteralmente ‘borsa per il cane’, in realtà oggi non ha più niente a che vedere con gli amici a quattro zampe. In molti luoghi d’Occidente, infatti, in cui di pari passo alla globalizzazione è cresciuta la consapevolezza del riuso, anche in ambito alimentare, l’abitudine di impacchettare il cibo avanzato in contenitori ermetici, in modo che possa essere consumato a casa, semplicemente riscaldato oppure come base per realizzare delle ricette, è diventata moda.


In America, ad esempio, la pratica anti-spreco risale già al 2009, quando la first lady Michelle Obama, al termine di un pranzo al G8 a base di pasta, chiese di potersi portare a casa i maccheroni. Di recente è stata la cantante Rihanna a dare il buon esempio, fotografata mentre usciva da un prestigioso ristorante di Los Angeles con in mano la bottiglia di vino Sassicaia che non aveva del tutto svuotato durante la cena.

In Italia invece il 25% di chi mangia al ristorante continua a vergognarsi o ritiene che chiedere gli avanzi per mangiarli l’indomani sia da poveracci e volgare. “Tra gli italiani sono troppi i pudori ancora presenti nel richiedere gli avanzi del cibo acquistato nel ristorante come avviene abitualmente in altre realtà – dichiara Coldiretti – dovremmo considerare gli avanzi come opportunità per ottimizzare la spesa e per ridurre gli sprechi alimentari”. Ma, nonostante la vergogna, anche nel Belpaese della dieta mediterranea c’è chi si organizza: a Milano, ad esempio, i volontari di Cena dell’amicizia Onlus dal 2011 portano avanti ‘Il buono che avanza’, donando ai ristoratori che aderiscono all’iniziativa contenitori per la doggy bag. “Portarsi a casa la ‘schiscetta’ non è solo un risparmio, ma anche un invito a riflettere sulla sobrietà e l’importanza del limite, sia sul cibo che sulle risorse che la terra offre”, spiega Massimo Acanfora, portavoce dell’associazione.

Secondo Coldiretti, 1,3 miliardi di tonnellate, un terzo del cibo prodotto nel mondo, viene sprecato ogni anno: 670 milioni nei Paesi industrializzati, 630 milioni in quelli in via di sviluppo. Per sensibilizzare la popolazione mondiale a ridurre gli sprechi lo scrittore e storico statunitense 38enne Tristram Stuart, una laurea a Cambridge e militante Freegan, ovvero ‘divoratore di quanto è gettato via’, ha scelto di nutrirsi di solo cibo recuperato, frutta, verdura e altri prodotti gettati nei cassonetti o abbandonati dai negozianti di alimentari perchè ritenuti non idonei alla vendita della grande distribuzione. Stuart ha raccontato la sua esperienza nel libro ‘Sprechi. Il cibo che buttiamo, che distruggiamo, che potremmo utilizzare’, edito Mondadori.

In Italia la situazione sembra essere in miglioramento tra le mura domestiche dove, dati Coldiretti, sei cittadini su dieci, il 60% del totale, hanno diminuito o annullato gli sprechi domestici facendo la spesa in modo più oculato, utilizzando gli avanzi nel pasto successivo, o guardando con più attenzione la data di scadenza. Nonostante ciò ogni italiano, nell’anno dell’alimentazione promosso da Expo 2015 ‘Nutrire il Pianeta’, ha buttato nel bidone della spazzatura 76 chili di prodotti alimentari.

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