Milano, 1 mag. (LaPresse) – C’è stata la pioggia a offuscare i colori. Ma mentre in centro a Milano le contestazioni si facevano cocenti, Expo 2015 ha aperto nell’entusiamo dei visitatori. Chi approfittava delle reti sospese del padiglione Brasile per sentirsi un po’ volare, chi provava a immedesimarsi con la popolazione del Nepal colpita dal terremoto. Il padiglione non terminato del Paese asiatico racconta mesi di fatica degli artigiani impegnati a intagliare il legno e le notti passate insonni per arrivare comunque ‘presentabili’ al grande evento.
Lungo il Decumano, la principale via su cui si affacciano i padiglioni dei singoli Paesi e i Cluster che ne raccolgono vari sotto diverse cornici tematiche, i visitatori si sono affollati tutto il giorno. Senza calche, ma con un flusso costante. Tra gli altri sono stati inaugurati oggi i padiglioni di Cina, Usa, Corea, Francia e Santa Sede. Quest’ultimo alla presenza del cardinale Gianfranco Ravasi, che ha voluto spiegare il motivo di essere presenti a un evento come Expo. Lanciare il messaggio di un nutrimento non solo fisico e materiale, ma soprattutto spirituale.
La cerimonia di apertura, iniziata poco prima dell’ora di pranzo, ha visto susseguirsi le autorità, tutte soddisfatte per essere riuscite ad arrivare all’evento senza sfigurare. Poi il saluto di Papa Francesco, le frecce tricolori, l’inno d’Italia cantato dai bambini. Il saluto del pubblico all’ex presidente Giorgio Napolitano. I selfie dei volontari con il presidente del Consiglio Matteo Renzi.
Ma soprattutto l’aria di festa, da un Paese all’altro. Il Kazakistan che fin dalle prime ore del mattino ha messo in scena balli tradizionali e una delegazione di un centinaio di persone pronte a promuovere la prossima edizione che si terrà ad Astana nel 2017. La Cina che ha riempito le strade e l’aria con il frastuono dei tamburi tradizionali ad accompagnare le danze dei dragoni. I Paesi sudamericani, riuniti in marcia per il Decumano per cantare e ballare, quasi in stile carnevale. La festa promette di continuare.
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