Roma, 12 feb. (LaPresse/Efe) – Si è aperto questa mattina a Roma il processo di primo grado sulla sparizione e la morte di venti italiani tra il 1970 e il 1980 in America Latina, nell’ambito dell’operazione Condor, il nome con cui si intende la massiccia operazione attraverso la quale i governi di molti Paesi latinoamericani – in accordo tra loro – eliminarono gli oppositori. La prima udienza è iniziata alle 10.20 nell’aula bunker di Rebibbia. Era presente anche il procuratore Gianluca Capaldo, che iniziò la sua inchiesta nel 1999, dopo una denuncia presentata da un gruppo di familiari dei ‘desaparecidos’ italiani.

Gli imputati sono 32 ex componenti delle giunte militari della Bolivia (4), del Cile (11), del Perù (4) e dell’Uruguay (16). L’unico imputato presente era Jorge Nestor Troccoli, 67 anni, che vive in Italia dal 2002 ed è accusato dell’omicidio di sei persone. Era accompagnato dai suoi legali Francesco Saverio Guzzo e Anna Scifoni. Gli avvocati hanno ricordato che il loro assistito fu arrestato nel 2007 come misura preventiva e liberato quattro mesi più tardi, quando l’Italia negò la sua estradizione in Uruguay.

In aula erano presenti molti familiari e anche alcune vittime sopravvissute, come l’uruguayano Nicosio Romero, sequestrato e torturato per sei settimane a Buenos Aires nel 1974. “In questo momento l’Italia – ha raccontato all’agenzia Efe – è un esempio per tutto il mondo, perché i crimini contro i diritti umani non possono essere prescritti e i criminali devono essere perseguiti ovunque”. I parenti delle vittime, lo Stato dell’Uruguay e la presidenza del Consiglio dei ministri italiano si sono costituiti parte civile.

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