Torino, 23 dic. (LaPresse) – Cresce l’opposizione delle Regioni e dei sindaci all’articolo 38 del decreto Sblocca Italia con cui, secondo Legambiente, si rischia una nuova ondata di trivellazioni a spese dell’ambiente. Sono già sei le Regioni – Abruzzo, Campania, Lombardia, Marche, Puglia e Veneto – che hanno deciso di impugnare di fronte alla Corte Costituzionale, entro il 10 gennaio, la legge 166/2014 di conversione del decreto 133/2014, grazie all’azione promossa congiuntamente dagli ambientalisti di Legambiente, Fai, Greenpeace, Marevivo, Touring club italiano e Wwf. Come sostenuto e richiesto dalle associazioni, le Regioni stanno decidendo di contrastare la forzatura, voluta dal ministero dello Sviluppo Economico, e contraria al Titolo V della Costituzione, che – secondo Legambiente – bypassa l’intesa con le Regioni e stabilisce corsie preferenziali e poco trasparenti per le valutazioni ambientali e per il rilascio di concessioni uniche di ricerca e coltivazione di idrocarburi. Trivellazioni che potrebbero interessare anche il territorio piemontese con diverse richieste di ricerca ed estrazione di idrocarburi. “Chiediamo – dichiara Fabio Dovana, presidente di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta – al Consiglio regionale e al presidente della Regione Piemonte Sergio Chiamparino di mobilitarsi, impugnando il decreto di fronte alla Corte Costituzionale. Il Consiglio regionale ha già avuto una prima occasione per esprimersi favorevolmente al nostro appello ma ha preferito astenersi a larga maggioranza. Chiediamo ora alla Giunta e ai consiglieri di ritornare sulla questione impugnando entro il 10 gennaio il decreto così come fatto già da altre sei Regioni”.
“Siamo fortemente preoccupati – continua Dovana – per i contenuti di questo decreto, che non solo su alcune questioni strategiche esautora di fatto le competenze delle Regioni, ma ripropone una visione vecchia del Paese, che non coglie le sfide del XXI secolo e sbaglia la scelta delle priorità senza individuare criteri di utilità effettiva per il territorio e i cittadini. Siamo convinti che il nostro Paese debba essere ‘sbloccato’, incidendo strategicamente nel quotidiano dei cittadini e delle pubbliche amministrazioni, con un effettivo snellimento delle procedure e una reale delegificazione, puntando alla realizzazione delle opere veramente utili a modernizzare l’Italia, ma non nella direzione individuata dallo Sblocca Italia. Speravamo – sottolinea ancora il presidente di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta – che il decreto potesse essere uno strumento utile per modernizzare il nostro Paese, in realtà si sta rivelando una scommessa persa che rischia di avere effetti nefasti sul nostro territorio”.
Per Legambiente col decreto Sblocca Italia si rischia una nuova ondata di trivellazioni petrolifere con irrilevanti benefici economici e sociali ed elevati pericoli ambientali per aree di pregio naturalistico e paesaggistico. Agli attuali tassi di consumo e valutate le riserve certe a terra e a mare censite dal ministero dello Sviluppo Economico, il petrolio estratto potrebbe coprire il fabbisogno nazionale per soli 13 mesi. Secondo le stime di Assomineraria, l’upstream, cioè la filiera di esplorazione e produzione (E&P) in Italia ed estero, vale il 2,1% del Pil italiano e con lo Sblocca Italia comporterebbe un aumento sul Pil dello 0,5%, mentre secondo il rapporto ‘World Travel & Tourism Council’, l’Italia ha ricavato nel 2013 dalle attività turistiche (compreso l’indotto) il 10,3% del proprio Pil.
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