Roma, 1 nov. (LaPresse) – “Per cinque anni si è cercato di negarlo in tutti i modi, abbiamo lottato con le unghie e con i denti, finchè dopo cinque anni si è riconosciuto che quel pestaggio c’è stato. Io avevo paura ieri; mi aspettavo una restituzione degli atti, ma non c’è stata”. Così ai microfoni di RaiNews24, Ilaria Cucchi il giorno dopo la notizia dell’assoluzione di tutti gli imputati indagati per la morte del fratello, Stefano Cucchi, arrestato il 15 ottobre del 2009 e deceduto dopo una settimana nel reparto di medicina dell’ospedale Sandro Pertini di Roma.

Intervistata da Repubblica, Ilaria Cucchi ha sottolineato che “prima di tutto lo Stato si protegge, anche a costo di negare verità conclamate”. “Ho visto – ha aggiunto – quanto le istituzioni facciano muro attorno a se stesse in processi come quelli per mio fratello, o per Federico Aldrovandi, o Giuseppe Uva”.

Le indagini, ha spiegato sono state fatte “male fin dall’inizio”, con “la voglia di liquidare in fretta la pratica, per i medici, per la polizia, Stefano era un tossico morto in ospedale, uno dei tanti. Invece no. Stefano era mio fratello, e in ospedale ci era arrivato perché massacrato mentre era in carcere e dunque sotto la tutela della giustizia”.

TUTTI ASSOLTI GLI IMPUTATI. E’ la sentenza emessa dalla I Corte d’assise d’appello per gli imputati al processo per la morte di Stefano Cucchi, il geometra romano arrestato il 15 ottobre 2009 per droga e deceduto nell’ospedale Sandro Pertini di Roma. In primo grado erano stati condannati solo i medici per omicidio colposo.

Imputati erano sei medici, tre infermieri e tre agenti della penitenziaria. Il procuratore generale Mario Remus aveva chiesto di ribaltare la sentenza di primo grado, che aveva ritenuto responsabili solo i medici. Quindi aveva sollecitato la condanna a due anni dei tre agenti carcerari, a un anno i tre infermieri dell’ospedale Sandro Pertini, a tre anni per il primario della struttura ospedaliera Aldo Fierro, nonché a due anni ciascuno per i quattro medici Stefania Corbi, Silvia Di Carlo, Flaminia Bruno e Luigi De Marchis. Inoltre il pg aveva chiesto la conferma della condanna a otto mesi che era stata inflitta al medico Rosita Caponetto per l’accusa di falso ideologico.

LA SORELLA: “La nostra giustizia è malata, credo dovremo aspettare le motivazioni della sentenza”, ha commentato ai microfoni di RaiNews24 Ilaria Cucchi, sorella di Stefano. “Nella sentenza di primo grado non si è detto che Stefano non è stato piccchiato, ma che la giustizia non era in grado di dire chi fosse stato tra gli agenti e i carabinieri – ha proseguito Ilaria Cucchi -. Ora, in appello, mi aspettavo un passo in avanti che non c’è stato. Da semplice cittadina mi chiedo cosa mi devo aspettare dalla giustizia”. “Mio fratello è morto anche per colpa dei magistrati che non lo hanno guardato in faccia. Mio fratello – ha sottolineato – era un ragazzo come gli altri che ha commesso un errore e che, per questo, non doveva pagare con la vita. Io, mio fratello, la mia famiglia meritiamo giustizia”.

“È provato che Stefano è morto per le percosse dello Stato. Non c’è ancora una risposta in merito da parte dello Stato, ma noi faremo di tutto perchè ci sia questa risposta. Lo Stato oggi si è autoassolto. Noi andremo avanti sempre, finchè Stefano non avrà giustizia”, hanno dichiarato ai microfoni di RaiNews24 Rita Calore e Giovanni Cucchi, genitori di Stefano.

LA VICENDA. Era la notte tra il 15 e il 16 ottobre del 2009. Stefano Cucchi, geometra romano di 31 anni, viene fermato dai carabinieri della stazione Appio Claudio all’ingresso del Parco degli Acquedotti, a Roma. Viene trovato con 29 grammi di hashish. Viene portato nella stazione Appio Claudio, lì non c’è posto e viene trasferito a Tor Sapienza. Dorme nella camera di sicurezza della stazione. Intorno alle 4 del mattino il piantone chiama un’ambulanza perché Cucchi si sente male. Verrà dichiarato dai medici che Cucchi rifiutava le cure e voleva tornare a dormire. La mattina dopo, il 16, si tiene l’udienza di convalida. Cucchi e il padre parlano alcuni minuti seduti su una panca. Il padre nota tumefazioni importanti a livello occipitale. Che cosa è successo? Dicono che Cucchi sia caduto durante la sua permanenza presso la stazione dei carabinieri. La giudice convalida il fermo e lo dichiara in stato di arresto. Cucchi viene portato al carcere di Regina Coeli.

Lì viene visitato e portato al Fatebenefratelli. Gli riscontrano tumefazioni e lividi. Il giorno dopo gli vengono fatte le lastre: lesioni alle vertebre L3 e coccigee. A Cucchi viene consigliato il ricovero che però sarebbe stato rifiutato. Torna a Regina Coeli ma per una sola notte. Verrà immediatamente ricoverato e portato al braccio penitenziario dell’ospedale Sandro Pertini. Lì Cucchi, secondo i medici che saranno ascoltati nel pomeriggio dal pm Vincenzo Barba, mantiene un comportamento poco collaborativo. I genitori tutti i giorni cercano di vederlo. Non è possibile, manca l’autorizzazione. I genitori ottengono l’autorizzazione per il 25, troppo tardi. I medici dichiarano che Cucchi rifiuta l’alimentazione. Rimane tutto il tempo con il lenzuolo sul viso, coperto. Non si fa vedere. Dopo sei giorni Stefano Cucchi muore. Le foto diramate dalla famiglia mostrano un corpo scheletrico e pieno di tumefazioni.

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