Di Katia Bonchi
Genova, 12 ott. (LaPresse) – Fango, polvere, lacrime e sorrisi. Così si presenta Genova oggi, a tre giorni dall’alluvione che l’ha ferita ancora una volta. Il fango è quello che si trova ancora nelle zone del centro più colpite e che in migliaia senza sosta spalano via a colpi di badile. La polvere è quella che si è alzata questa mattina insieme al sole che ha cominciato ad asciugare le strade, che sollevano le ruspe e i camion in un andirivieni continuo dal centro a piazzale Kennedy, dove vengono accatastate le tonnellate di detriti.
Poi ci sono le lacrime, dei commercianti che hanno perso tutto, per la seconda volta in tre anni, e i sorrisi, dei ragazzi che a centinaia, coperti di fango, si sono autorganizzati per risollevare la città. “Abbiamo solo la solidarietà dei giovani – dice Maria Rosaria, il cui bar a due passi dalla metro di Brignole è stato devastato dalla furia dell’acqua -, non abbiamo altro. Ho comprato il locale da poco e ora abbiamo perso tutto, dopo aver investito in questo bar tutti i nostri risparmi”.
“Ho tre figli – racconta Maria Rosaria -, mio marito è malato di tumore, e ora non sappiamo come faremo perché i soldi per riaprire non li ho”. “I ragazzi sono l’unica cosa bella che abbiamo – le fa eco Francesco, che ha un ristorante a pochi metri di distanza, dentro Borgo Incrociati – e lo sappiamo bene, ma siamo stufi di sentire la solita retorica sugli angeli del fango, sulla Genova che si rialza, perché Genova non si rialza più. Se non mi danno i soldi per ripartire – dice – io non riapro e come me nelle stesse condizioni ci sono almeno una decina di attività in questa zona. Speriamo che questa volta il governo si metta una mano sulla coscienza”.
Nella zona di Borgo Incrociati centinaia di ragazzi spalano e accatastano i detriti in sacchetti che vengono caricati sui camion, mentre le ruspe portano via rami, tronchi, pietre, pezzi di mobili e bancali: gli arredi di negozi invasi dal fango. “Io sono nato nel 1966 – racconta Gerardo, che sta aiutando due amiche a ripulire la loro birreria in via Canevari – e nel ’70 c’è stata la prima alluvione della mia vita. Oggi il tappo è sempre nello stesso punto e il poco che hanno fatto in tutti questi anni ha solo portato ulteriori danni”. “Quello – dice indicando uno striscione con scritto ‘Son zeneize e no ghe mollo’ – è stato fatto nel 2011 come si vede dalla data. Ora siamo daccapo e credo che le mie amiche non riapriranno più”.
“Quella sera – racconta Gerardo – sono arrivato a casa per miracolo e loro sono dovute scappare perché il Bisagno era esondato senza che nessuno ci avesse dato la minima informazione”. “Volevamo aiutare Genova, così ci siamo messe in gruppo in modo da poter dare una mano anche se siamo piccole”, racconta una ragazzina di soli 13 anni tutta coperta di fango in via San Vincenzo. “Abbiamo aiutato una signora che aveva un negozio di mobili completamente allagato – racconta l’amica -, siamo contente di poter dare il nostro contributo”. Alessio, Erik, Alessandro, Swan, Marco sono più grandi, ma di poco. Hanno tra i 16 e i 18 anni e spalano da due giorni nella zona del quadrilatero.
“L’organizzazione è stata un po’ pessima – racconta Erik -, perché siamo andati in uno dei punti di coordinamento previsti dove ci hanno dato le pale, poi però non sapevano dove mandarci e ci hanno spostato qua e là. Così ci siamo autorganizzati e siamo andati a pulire delle cantine di persone che avevano bisogno”. “La nostra autorganizzazione funziona meglio della loro – aggiunge Alessandro -, ci sono tantissimi ragazzi in giro che si sono organizzati attraverso i social network e stanno facendo un lavoro straordinario.” Domani le scuole saranno ancora chiuse e loro garantiscono: “Saremo ancora qui”.
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