Bologna, 24 set. (LaPresse) – “Non ha trovato alcun riscontro l’ipotesi che presso il centro spazio di documentazione Fuoriluogo sia stato costituito o abbia operato un modulo organizzativo illecito volto a pianificare e a dare attuazione ad un programma criminoso condiviso”. E’ uno dei passaggi della sentenza con cui il collegio della prima sezione penale di Bologna assolse, lo scorso 31 marzo, i 21 anarchici del circolo bolognese Fuoriluogo di via San Vitale dall’accusa di associazione a delinquere. La decisione, le cui motivazioni sono state rese note soltanto oggi, mise fine a un procedimento nato da un’inchiesta della pm Morena Plazzi, secondo la quale l’associazione era finalizzata a compiere, tra il 2006 e il 2011, una serie di reati come violenza privata, minacce, imbrattamenti, resistenza a pubblico ufficiale, con l’aggravante (poi caduta) di averlo fatto allo scopo di turbare e mettere in pericolo l’ordine e la sicurezza pubblica. “Dalla ricostruzione di tali vicende – recita un passaggio delle 171 pagine di conclusioni – deriva un quadro privo di coerenza rispetto all’assunto accusatorio”. Per esempio, spiega il collegio presieduto da Rita Zaccariello, tra il materiale sequestrato in via San Vitale “non è compreso alcuno scritto che abbia contenuto di programmazione o, tantomeno, pianificazione criminosa”, così come “l’esito dell’attività di intercettazione telefonica e ambientale è di scarsissima rilevanza”, e “assolutamente modesta” è la qualità del materiale sequestrato nelle perquisizioni”. Difficile dunque, secondo i giudici, vedere gli attivisti che frequentavano il centro di documentazione di via San Vitale come anarco-insurrezionalisti.

Si tratterebbe, dice la sentenza, di un “errore di prospettiva”. Pertanto, per la “sconnessione insanabile tra la grave entità dei fatti di cui risulta si siano resi artefici gruppi anarco-insurrezionalisti e la modesta offensività concreta dei fatti materia di questo processo”, i 21 erano stati assolti perché il fatto non sussiste. Si tratta di venti italiani e un cittadino rumeno tra i 24 e i 58 anni, per 14 dei quali la pm aveva chiesto pene tra 2 e 4 anni di reclusione. Al Fuoriluogo, dunque, si svolgeva “una serie di attività politico-culturali, espressione del diritto di associarsi tra più persone per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale, diritto espressamente tutelato dall’articolo 18 della Costituzione”.

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