Napoli, 28 ott. (LaPresse) – La Dia di Napoli ha arrestato due esponenti del clan dei Casalesi, ritenuti resposanbili di alcuni omicidi compiuti nell’ambito della guerra contro la nuova camorra organizzata (Nco) di Raffaele Cutolo, ingaggiata per evitare che quest’ultima si riorganizzasse. A finire in manette sono stati Giuseppe Terracciano, 54 anni, e Raffaele Cantone, 52 anni, bloccati il 23 ottobre, con l’accusa di omicidio volontario.
Secondo l’ipotesi accusatoria, i due arrestati sono ritenuti responsabili, in concorso tra loro, dell’omicidio, commesso nell’ottobre del 1992, all’interno di una masseria ubicata a Villa Literno (Caserta), di Luigi Caiazzo, il cui cadavere non fu mai rinvenuto. Uno di loro è anche ritenuto responsabile dell’omicidio di Giuseppe Caiazzo, padre di Luigi, e del ferimento di Angelo Pietoso, reati commessi a Villa Literno il giorno successivo all’omicidio di Luigi Caiazzo.
Le indagini, concluse all’epoca con una richiesta di archiviazione, sono state riaperte a seguito di dichiarazioni di vari collaboratori di giustizia che, supportate dall’attività di riscontro svolta dalla Dia, hanno permesso di fare luce sulla dinamica e sul movente del duplice omicidio.
E’ stato ricostruito, in particolare, il ruolo svolto da uno degli indagati nell’omicidio di Luigi Caiazzo, ovvero quello di attirare in trappola la vittima, conducendola con uno stratagemma in una masseria. Giunto sul posto, la vittima fu colpita da un colpo di pistola in faccia esploso da distanza ravvicinata. Il cadavere, poi, fu occultato in un pozzo e mai ritrovato.
Nell’ambito dell’operazione è stato inoltre eseguito anche un decreto di sequestro preventivo – emesso d’urgenza dalla Dda – dell’azienda di proprietà di uno degli arrestati all’interno della quale venne consumato l’omicidio, oltre che di vari conti correnti. Durante l’arresto, infatti, il proprietario dell’azienda, uno dei due arrestati, ha firmato una serie di assegni in bianco e, consegnandoli alla convivente, le ha detto di chiamare il commercialista e vendere tutto. Gli inquirenti perciò hanno immediatamente bloccato i beni. Una breve verifica, infatti, ha permesso di accertare che i redditi dichiarati non erano compatibili con l’attività economica dell’azienda.

