Torino, 6 mar. (LaPresse) – Una maxi-evasione immobiliare con frode da 85 milioni di euro è stata scoperta dall’Agenzia delle entrate di Torino. Sono 12 le persone coinvolte, riconducibili a tre famiglie torinesi. Sequestrati un castello nell’astigiano, ville sulla collina del capoluogo piemontese e appartamenti di pregio in città. Sono 24 i milioni di imposte non pagate dai truffatori, che avevano creato un sistema di società ‘cloni’ di altre, fatte nascere ad hoc per poi sparire. L’inchiesta è partita da una verifica fiscale nei confronti di una società che riportava in dichiarazione un credito Iva notevole, senza pero’ un volume d’affari altrettanto alto.
I funzionari dell’Agenzia delle entrate si sono insospettiti e hanno chiesto al titolare le carte della contabilità. Lui però ha presentato una denuncia di smarrimento, dal 2005 al 2009. I dipendenti dell’Agenzia hanno continuato a cercare i documenti e hanno trovato la memoria esterna di un computer nascosta in un armadio dell’ufficio. Dall’analisi di questi file si “è aperto un vaso di Pandora”, ha spiegato Giuliana Sanna, capo dell’area medie imprese dell’Agenzia. La società controllata si è rivelata, infatti, una vera e propria “cartiera”: emetteva fatture per consentire ad altre società beneficiarie – riconducibili allo stesso gruppo di persone – di abbattere il proprio reddito d’impresa e creare dal nulla dei crediti Iva, utilizzati come una sorta di ‘bancomat’ per pagare altri debiti con l’erario e con gli enti previdenziali attraverso il meccanismo della compensazione.
E’ stata scoperta in particolare una società gemella della prima scoperta, con nome uguale, che serviva solo a incassare costi inesistenti per evadere il fisco, facendo false fatture, gonfiandole. Da qui usciva il denaro per finanziare le altre società-cloni. L’operazione è stata condotta con la procura della Repubblica di Torino. I sequestri di beni e immobili eseguiti finora hanno un valore complessivo di oltre 9 milioni di euro. Sono state iscritte anche ipoteche su 112 immobili. A contribuire all’inchiesta un notaio, che dopo aver concluso una pratica di rimpatrio di una società che si chiama British Virgin Islands – quella che poi si è rilevata la generatrice principale delle altre società-cloni – si è insospettito e ha segnalato il caso all’Agenzia.
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