Roma, 11 lug. (LaPresse) – Neve al Colosseo. E’ stata questa la singolare protesta dei lavoratori di Cinecittà, che da giorni da giorni protestano davanti ai cancelli di via Tuscolana contro il piano di ristrutturazione dell’area. Decine di manifestanti si sono ritrovati nel pomeriggio nei pressi dell’anfiteatro Flavio e, sfruttando una macchina per gli effetti speciali, hanno lanciato nell’aria del pulviscolo bianco simile a neve. Da una settimana i lavoratori hanno occupato una parte del complesso di Cinecittà, quella che dà su via Tuscolana e proseguono uno sciopero della fame a staffetta. Mentre i vertici dell’azienda, che fa capo a Luigi Abete, stanno lavorando per far posto, tra gli storici teatri di posa, a hotel e centri benessere, l’ingresso della ‘fabbrica dei sogni’ sembra a sua volta un set cinematografico: una pellicola sull’Italia in crisi.
Al centro della contesa, quella che i lavoratori definiscono la “cementificazione” dell’area. La privatizzazione di Cinecittà è iniziata nel 1997 con la nascita della holding Italian Entertainment Group che detiene l’80% del capitale azionario di Cinecittà Studios, il 49% di Cinecittà Entertainment, l’1% di Cinecittà Village e il 18% di Edilparco spa. I proprietari sono nomi importanti dell’economia italiana come Luigi Abete, presidente del consiglio di amministrazione, Diego Della Valle (titolare del 33 per cento del capitale sociale), e Aurelio De Laurentiis. La Italian Entertainment Group, che controlla Cinecittà attraverso partecipazioni azionarie pari a 40 milioni di euro, ha smesso di investire nel cinema, indirizzando i suoi interessi altrove e soprattutto sul parco a tema Cinecittà World che sta realizzando a Castel Romano. Il 20% degli Studios è in mano al ministero per i Beni e le Attività Culturali attraverso Cinecittà Luce che quest’anno si è visto decurtare di un milione di euro il finanziamento pubblico. Proprio il ministro dei Beni Culturali ha annunciato oggi che si farà garante della trattativa e ha convocato un incontro per lunedì 16.
A rischio ci sono 211 persone, tra tecnici e amministrativi. Il piano dell’azienda prevede infatti lo spacchettamento delle attività produttive, con il passaggio in Panalight di 6 lavoratori, l’affitto dell’intera post produzione, composta da circa 100 persone, a due società del gruppo Deluxe Italia, il trasferimento di 55 lavoratori ad un’altra società del gruppo Leg, una ventina di licenziamenti e l’incertezza per i restanti 40 lavoratori, tra manutentori ed amministrativi. A questo si aggiunge l’esternalizzazione di altre due attività di Cinecittà Studios: la costruzione delle scenografie e il parco macchine. La prima dovrebbe andare a una nuova società, Cat, con sede a Castel Romano sulla Pontina.
Per difendere Cinecittà sono scesi in campo anche tanti registi, che hanno lanciato un appello al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e al presidente del Consiglio Mario Monti. A firmarlo per primi sono stati Gianni Amelio, Marco Bellocchio, Bernardo Bertolucci, Costantinos Costa Gavras, Ugo Gregoretti, Ken Loach, Citto Maselli, Franco Nero, Vanessa Redgrave, Pasquale Scimeca, Ettore Scola, Bertrand Tavernier e Giuseppe Tornatore. “Gli studi di Cinecittà – si legge nel documento – sono famosi in tutto il mondo come luogo d’eccellenza per la creazione di opere cinematografiche”.
“Insieme ai suoi studi e ai suoi laboratori – prosegue l’appello a Giorgio Napolitano e Mario Monti – sono le straordinarie professionalità dei maestri costruttori e scultori, degli artigiani del gesso e dei macchinisti di scena ad aver attirato a Roma le più grandi produzioni europee e d’oltreoceano. Ora il piano industriale dei privati che gestiscono gli Studios prevede da un lato lo smantellamento delle attività cinematografiche dall’altro la costruzione di alberghi e centri benessere avviando così quel processo di cementificazione e sfruttamento dell’area che alcuni dei più importanti imprenditori edili della regione meditano da tempo”.
“Per questo noi sottoscritti autori cinematografici – conclude il testo – rivolgiamo un appello al Presidente della Repubblica italiana e al Presidente del Consiglio perché intervengano urgentemente per impedire tutto ciò e perché Cinecittà e l’Istituto Luce tornino ad essere punto di riferimento produttivo del cinema mondiale e restituiti a quel ruolo pubblico di volano per il rinnovamento e il rilancio del cinema italiano”.
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