Roma, 12 apr. (LaPresse) – “Cosa Nostra, così come la ‘ndrangheta e la camorra, ha via via messo a tacere le armi, inabissandosi nell’economia e nel sistema di relazioni sociali che era riuscita a costruire. In questi venti anni le mafie hanno subito una mutazione genetica, ma non hanno ridotto i pesanti condizionamenti nel Sud, nè tanto meno la spinta espansionistica verso il centro e il nord, dove affondano le radici più vigorose e nutrienti”. E’ in occasione della commemorazione dell’assassinio di Pio La Torre che Beppe Pisanu, presidente della commissione Antimafia, lancia l’allarme e invita non abbassare la guardia nel contrasto al fenomeno mafioso. Le mafie hanno messo a tacere le armi, ma hanno stretto rapporti sempre più saldi con la politica e gli affari in tutto il Paese, spiega l’ex ministro dell’Interno, che sottolinea come i dati parlino chiaro: nel Lazio, in Emilia Romagna, in Lombardia, in Liguria, in Piemonte, in Valle d’Aosta e Veneto si assiste a un aumento del numero dei reati connessi alla criminalità organizzata. Il potere delle mafie di “scavare nella società civile e nelle istituzioni del sud” e i “troppi silenzi e sottovalutazioni di questa drammatica realtà” sono fenomeni che “sgomentano” secondo Pisanu, che riagganciandosi alle parole del presidente della camera Gianfranco Fini sottolinea come altrettanta preoccupazione generi “il rapporto tra mafia, affari e politica”, un rapporto “perverso che si stabilisce a livello territoriale al sud, come al centro e al nord del Paese”.
Al centro di “questa metastasi che si espande dall’economia illegale a quella legale vi è la cosiddetta zona grigia” di uomini d’affari e politici che, spiega Pisanu, diventa “più difficile da combattere, specialmente quando opera in contesti evoluti come quelli del Nord Italia”. Zone grigie “di connivenza e contiguità tra la politica e la criminalità organizzata” che per Gianfranco Fini è “fondamentale e prioritario” eliminare, così come è altrettanto vitale “contrastare tutte le situazioni di omertà, rassegnazione e sfiducia che possono intaccare il tessuto economico e civile del nostro Paese”. Per eliminarle è necessario dotare di strumenti legislativi e non solo chi opera ogni giorno per il contrasto al fenomeno mafioso.
Per Pisanu è “tempo di codificare reati come la corruzione privata e l’autoricilaggio e di trasformare il concorso esterno in un più consistente favoreggiamento aggravato”, mentre il procuratore nazionale Antimafia, Piero Grasso chiede che “il Parlamento si faccia carico di risolvere un problema: la fuga di tutti i patrimoni all’estero. Oggi non possiamo lavorare in condizioni di reciprocità. Bene le commissioni parlamentari europee, ma dobbiamo avere gli strumenti legislativi che riconoscano le nostre sentenze di confisca al di là dei confini nazionali” perché “spesso ci troviamo all’estero in condizioni di non potere agire”. “Se non abbiamo gli strumenti per vederci riconosciute le nostre confische rimarranno sempre solo a parole”, dice Grasso che sottolinea come “la maniera migliore” di ricordare La Torre, a trent’anni dal suo omicidio “sarebbe attuare le strategie che abbiamo proposto nella lotta alla mafia” come la proposta di legge, approvata 4 mesi dopo la sua morte per introdurre il reato di associazione mafiosa e prevedere la confisca dei beni dei mafiosi.
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