Firenze, 29 mar. (LaPresse) – Arresti domiciliari per il primario di Chirurgia plastica e ricostruttiva dell’Azienda universitaria ospedaliera di Careggi a Firenze. La guardia di finanza ha dato esecuzione ad un’ordinanza di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari, emessa dal gip del tribunale fiorentino Paola Belsito, nei confronti di Mario Dini, primario del reparto di Chirurgia plastica e ricostruttiva dell’azienda Universitaria – Ospedaliera di Careggi e direttore della Scuola di specializzazione di chirurgia plastica ricostruttiva estetica dell’Università di Firenze. Le ipotesi di reato contestate sono quelle di peculato, corruzione, concussione, falsità ideologica in atti pubblici e abuso d’ufficio e riguardano fatti che, oltre al chirurgo fiorentino, vedono coinvolti, a vario titolo, anche alcuni medici dell’ospedale di Careggi e di altre strutture sanitarie italiane, nonché informatori scientifici di una azienda produttrice di protesi mediche. I finanzieri hanno eseguito anche 53 perquisizioni domiciliari e locali in Toscana, Emilia Romagna, Veneto, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Lazio e Campania nei confronti di altri soggetti indagati non destinatari del provvedimento restrittivo.
Le attività investigative, dirette e coordinate dai sostituti procuratori Luca Turco e Giuseppina Mione, della procura della Repubblica presso il tribunale di Firenze, hanno accertato il conseguimento di illeciti profitti (in danno dell’azienda ospedaliera di Careggi) connessi allo svolgimento, da parte di Dini, dell’attività libero professionale, sia ambulatoriale che chirurgica. E’ stato infatti riscontrato che il primario, autorizzato allo svolgimento dell’attività libera professione in regime di intramoenia, di tipo allargato, presso due strutture private convenzionate della città, ha incassato i relativi compensi senza assolvere ai previsti adempimenti fiscali, nè versare la quota dovuta all’azienda ospedaliera pubblica. Il chirurgo plastico, destinatario del provvedimento cautelare, stravolgendo i limiti dell’attività ‘intramoenia, cui era sottoposto, ha svolto direttamente e stabilmente l’attività professionale privata presso strutture convenzionate e non convenzionate appropriandosi del denaro destinato all’Azienda ospedaliera Careggi. A quanto ricostruito dagli investigatori, il dirigente medico avrebbe indotto un altro camice bianco, a frequentante il reparto di Chirurgia plastica dell’ospedale Careggi, a prestare assistenza nell’ambito dell’attività libero professionale svolta presso strutture private, distogliendolo dall’attività di pubblico servizio cui era adibito, e a mettere a disposizione costose apparecchiature di cui lo stesso aveva la disponibilità, subordinando la percezione di tali indebite attività alla prospettiva di essere favorito nell’accesso alla scuola di specializzazione di Chirurgia plastica di cui il Dini era direttore.
Avere facilitato un’azienda produttrice di protesi al seno in cambio di favori. Questa la principale accusa per il professor Marco Dini finito agli arresti domiciliari. A quanto ricostruito dagli investigatori, sono stati conclusi con i referenti di una azienda operante nel settore, accordi in forza dei quali sono stati scelti determinati prodotti, in cambio di diversi vantaggi personali. Nello specifico è stato riscontrato nelle indagini che Dini per favorire una società, leader mondiale nella produzione di presidi medico-chirurgici, nelle vendite all’azienda ospedaliera, ha accettato la promessa di utilità costituite dalla futura realizzazione di varie iniziative, come apparizioni televisive, corsi didattici e professionali con connessi introiti economici) da parte della società di protesi, volte a promuovere mediaticamente la sua immagine professionale, nonché dall’organizzazione di viaggi all’estero collegati alla partecipazione a congressi medici, a spese della azienda di presidi.
Per gli investigatori la posizione dominante derivante dalla propria carica di direttore della Scuola di specializzazione di Chirurgia plastica ricostruttiva ed estetica sarebbe stata sfruttata, infine, per favorire, l’accesso di una persona alla scuola di specializzazione in questione. Il sistema usato sarebbe stato quello dell’aggiudicazione di una borsa di studio “aggiuntiva”, finanziata dalla Regione Toscana. In questo contesto, Dini si sarebbe attivato per l’istituzione della borsa e, successivamente, avrebbe favorito l’aspirante alla borsa di studio nelle prove di concorso per l’aggiudicazione della stessa. A margine delle attività di investigazione è stato accertato, infine, un episodio di falso ideologico riguardo la redazione dei verbali concernenti il conferimento di un assegno di ricerca ad un candidato (l’unico) risultato, peraltro, suo diretto collaboratore nell’attività professionale svolta in intramoenia. La commissione giudicatrice per l’assegno di ricerca è risultata presieduta da Dini. Il gip, nella sua ordinanza, definisce quello emerso dalle indagini come uno spaccato “desolante, ed assai poco edificante, e ci mostra un totale disprezzo per le regole che dovrebbero improntare l’operato di un medico dipendente di una struttura pubblica”.
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