Roma, 4 lug. (LaPresse) – Si conclude con una condanna più lieve rispetto alle richieste dei pm Rodolfo Sabelli e Gustavo De Marinis l’inchiesta sul crac del gruppo agroalimentare Cirio da 1,125 miliardi di euro: i giudici, dopo oltre 11 ore di camera di consiglio, hanno condannato a nove anni a Sergio Cragnotti (ne avevano chiesti 15), a 4 Cesare Geronzi (contro gli 8 chiesti dall’accusa). Condanne anche per il genero e i figli dell’ex patron della Lazio: a Filippo Fucile 4 anni e 6 mesi, ad Andrea Cragnotti 4 anni, alla sorella Elisabetta e al fratello Massimo 3. Assolti l’ex amministratore delegato della Banca popolare di Lodi, Gianpiero Fiorani, e Flora Pizzichemi, la moglie di Sergio Cragnotti: per entrambi i pm avevano chiesto 6 anni. Il risarcimento che Unicredit e gli imputati ritenuti responsabili dovranno versare alla nuova amministrazione della Cirio è di 200 milioni di euro in via provvisionale. Un processo che ha coinvolto 35 imputati, uno dei quali deceduto in questi giorni, e una società di revisione. Tra gli imputati, oltre a gran parte della famiglia Cragnotti, anche sei dirigenti della Banca di Roma, tra i quali Geronzi, all’epoca dei fatti presidente dell’istituto, e due dirigenti della vecchia Banca popolare di Lodi. Le accuse sono di bancarotta fraudolenta, truffa e altri reati minori. L’inchiesta, cominciata nel 2003, si è conclusa a maggio 2005 e ha coinvolto inizialmente 45 persone. Il dissesto, secondo le associazioni dei consumatori, ha danneggiato 35mila risparmiatori che avevano sottoscritto bond e titoli di credito della Cirio.
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