Per marzo niente bar e ristoranti aperti la sera, le nuove misure in vigore da lunedì e non da domenica
L’attuale situazione epidemiologica e le varianti non permetteranno un allentamento delle misure, soprattutto per il mese di marzo. E’ questo il messaggio che è risuonato nel corso dell’incontro tra il governo – rappresentato dai ministri Maria Stella Gelmini e Roberto Speranza – e i rappresentanti delle Regioni e degli enti locali. L’emergenza ora è arginare gli effetti soprattutto delle varianti e il rischio che la terza ondata – ‘ignota’ proprio per la diversità delle mutazioni del Coronavirus – possa avere sul nostro Paese. Per questo anche il cambiamento dei parametri, per l’ingresso e l’uscita da una zona all’altra, così come richiesto dai governatore, è di difficile attuazione nel breve periodo. Dal governo tuttavia è arrivata la disponibilità a istituire un tavolo di lavoro che possa occuparsene e che vedrà seduti componenti delle Regioni e del governo. Insomma non c’è tempo e quello che sarà presentato oggi alla Conferenza delle regioni sarà una bozza di Dpcm più ‘stringente’ e che comunque raccoglie le preoccupazioni di molte voci sul territorio, che il titolare degli Affari regionali ha raccolto. “Per l’esecutivo Draghi è fondamentale il confronto costante con le Regioni e anticipare le decisioni, in modo da lasciare ai cittadini il tempo necessario per poter organizzare la propria vita”, ha ribadito durante Gelmini, ponendo l’accento proprio sulla diversità di metodo usato rispetto al governo precedente. L’era Draghi infatti ha imposto una maggiore concertazione con gli enti locali, una discussione in Parlamento, per raccogliere i suggerimenti dei parlamentari, e la comunicazione ai cittadini che passerà dalla domenica al lunedì, ha annunciato Gelmini, “per rendere più agevole la programmazione delle attività economiche”.
A scandire la lotta al Coronavirus sarà ancora la divisione in fasce, anche perché, ha sottolineato la ministra “non esiste un metodo alternativo” e per uno totalmente nuovo non c’è tempo. “Noi abbiamo l’obbligo della verità”, ha detto Speranza nel corso della videoconferenza, non nascondendo la preoccupazione per la facilità con la quale si muovono le nuove realtà del virus. Il combinato disposto tra varianti e piano vaccinale ancora arenato, filtra da chi si sta occupando del dossier, non permetterà infatti l’apertura dei ristoranti e bar la sera almeno per tutto il mese di marzo, ma sulle altre misure al vaglio per il nuovo Dpcm le bocche restano cucite. Il premier Draghi, impegnato in prima persona sul nuovo piano vaccinale, ha come obiettivo quello di tenere le scuole aperte e pur avendo raccolto le preoccupazioni dei governatori vuole difendere questo obiettivo. Veneto, Puglia, Friuli Venezia Giulia e Campania hanno infatti chiesto al governo una valutazione del Cts sull’impatto che ha la scuola in presenza nell’attuale situazione epidemiologica, dove la circolazione delle varianti potrebbe far partire la terza ondata. Ma di riportare gli studenti nella condizione della didattica a distanza non se ne parla, anche perché, ha detto Gelmini: “Chiedere la riapertura delle attività economiche e la chiusura delle scuole è una contraddizione di fondo“. Guardando oltre, esiste una riflessione aperta nel governo sulla riapertura dei luoghi della cultura, cinema e teatri, già dal 27 marzo e di estendere l’apertura di musei e mostre anche nei weekend in zona gialla. ” Il ministro Franceschini ha avviato un confronto con il Cts per far in modo che, superato il mese di marzo, si possano immaginare riaperture con misure di sicurezza adeguate. È un percorso, non è un risultato ancora acquisito. Ma è un segnale che va nella giusta direzione”, ha rilevato Gelmini.
Una prudenza condivisa da tutti gli attori in campo, che trova giustificazione soprattutto con il balzo dei contagi a 19.886 nuovi casi e 308 morti. Oggi il report dell’Istituto superiore di Sanità potrebbe portare, infatti, sei regioni in fascia arancione già dalla prossima settimana. A rischiare Lombardia, Marche, Puglia e Basilicata, mentre il Piemonte ha già annunciato che adotterà misure più restrittive il cosiddetto ‘giallo rafforzato’ per mantenere l’attuale status. Intanto il picco dei contagi in Emilia-Romagna ha portato l’area metropolitana di Bologna ad adottare le precauzioni della zona arancione scuro da lunedì prossimo. Abruzzo e Umbria rischiano il rosso. Le misure prevedono la chiusura delle scuole di ogni ordine e grado per 15 giorni, ad eccezione della scuola dell’infanzia e dei nidi, la limitazione degli spostamenti sia tra un Comune e l’altro sia all’interno del proprio Comune di residenza, la chiusura degli impianti sportivi anche all’aperto. La risposta del territorio al picco dei contagi, trapela da palazzo Chigi, è indice di una responsabilità ben vista e circoscrivere focolai di contagio, come metodo di lavoro, potrebbe essere una risposta efficace per evitare un lockdown generalizzato. Intanto si attende dal governo la prima risposta alla pandemia, oltre che un cambio di metodo. Il Consiglio dei ministri è convocato, infatti, alle 12,30 e sul tavolo ci sarà il testo che le regioni e enti locali avranno modo di emendare. Non escluso che Draghi decida di chiudere il decreto non domani stesso ma nel weekend. Sempre però in anticipo rispetto alla scadenza che è fissata per il 5 marzo.
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