Scontro nel governo dopo lo stop alle piste fino al 5 marzo

 Lo stop allo sci fino al 5 marzo alla vigilia della riapertura prevista in alcune regioni, dalla Lombardia al Veneto, si trasforma in un primo scoglio per il nuovo governo a guida Mario Draghi. Il ministro del Turismo, Massimo Garavaglia, partecipa alla riunione con gli operatori della montagna a Palazzo Lombardia e non risparmia critiche al collega titolare della Salute, Roberto Speranza. “La normativa attuale prevede, per assurdo, che un ministro competente possa prendere le decisioni in autonomia. Evidentemente, c’è qualcosa da registrare”, le parole dell’esponente leghista che creano subito un grattacapo per l’esecutivo appena formato. Garavaglia parla di danni subiti “per una scelta del governo” che vanno indennizzati, e lancia la promessa che una buona parte dei 32 miliardi del decreto Ristori verranno destinati al mondo della montagna. “La montagna finora è stata dimenticata”, avverte. Ma c’è di più. Perché i governatori leghisti del Nord, da Attilio Fontana a Luca Zaia, passando per Massimiliano Fedriga, fino all’azzurro Alberto Cirio non ci stanno. Alla protesta si iscrive, però, anche il presidente della Conferenza delle Regioni, il dem Stefano Bonaccini, governatore dell’Emilia-Romagna, che sbotta: “Non si possono ricevere notizie la sera per la mattina”. Quello che non va giù alle Regioni, a questo punto di ogni colore politico, è il fatto che appena una settimana fa il Cts avesse dato l’ok per far riaprire gli impianti da sci in zona gialla. Una decisione che aveva spinto le Regioni ad adeguarsi con linee guida stringenti, trasformate anche in ordinanze che limitavano, come nel caso della Lombardia, al 30% il numero delle presenze.

In Piemonte, la Giunta si è riunita in una seduta straordinaria per affrontare la questione e scriverà al Governo con l’obiettivo di risollecitare l’attivazione immediata dei ristori che gli operatori del settore attendono da mesi. E si valuta anche la possibilità di costituirsi parte civile, al fianco dei gestori degli impianti, per chiedere indennizzi proporzionati alla quantificazione dei danni. Cirio non le manda a dire: “Come Regione Piemonte ci rivolgiamo al nuovo presidente Draghi: dimostri lui che la musica è cambiata, che il nuovo Governo ha rispetto di chi lavora”. Gli fa eco il governatore del Veneto, Zaia, secondo cui non c’è solo la questione dei ristori, ma “qui devono essere riconosciuti e pagati i danni”. Quindi, il collega lombardo, Fontana, esclude una “forzatura” da parte delle Regioni sulla riapertura fin dal 15 febbraio, dopo il via libera del Cts stoppato dal ministro Speranza. “Questo – sentenzia l’inquilino di Palazzo Lombardia – può essere un colpo decisivo per il futuro di tanti comprensori”. La richiesta di una “programmazione” per “non aggiungere altri danni con decisioni tardive” arriva poi da Fedriga.

Intanto, dal Pd il vicepresidente dei deputati, Michele Bordo, accanto agli indennizzi, chiede “soprattutto basta demagogia da parte di chi non è più all’opposizione ma al governo”. E anche da M5S e Forza Italia arriva la richiesta di ristori. La responsabile azzurra dei rapporti con gli alleati, Licia Ronzulli, però, lancia un appello sulla necessità di cambiare metodo: “Serve una netta rottura con la confusione e i tempi da lumaca del precedente governo”. Insomma, dalla questione sci arriva una prima grana per il governo Draghi.

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