La vaccinazione procede con ritmi diversi in base alle Regioni di appartenenza: sul podio il Lazio

Domenica, con un netto incremento rispetto ai dati di sabato, sono state somministrate oltre 84mila dosi di vaccino anti-Covid. L’Italia, a livello europeo, si colloca così tra i Paesi che più hanno immunizzato (con l’eccezione del Regno Unito, fuori classifica per Brexit e le autorizzazioni speciali concesse fuori dalla normativa comunitaria).

Certo, si parla comunque di numeri percentualmente minuscoli: la prima dose ha coperto lo 0,15% della popolazione italiana. Per numero di vaccini somministrati, comunque, nell’Ue adesso Roma è seconda solo a Berlino, che ha vaccinato circa 190mila persone (lo 0,23% della sua popolazione). In Italia la gran parte dei vaccini (oltre 75mila) è stata somministrata a personale sanitario. Gli altri operatori di ospedali e Rsa che hanno ricevuto una dose sono oltre 4mila. Sono poco più di 5mila, infine, gli ospiti delle strutture residenziali che hanno ricevuto la prima dose.

La vaccinazione procede con ritmi diversi in base alle Regioni di appartenenza. Sul podio salgono il Lazio (che ha usato 17.374 dosi sulle 45.805 a disposizione, cioè il 38%). Non a caso, domenica mattina, il segretario Pd e governatore del Lazio, Nicola Zingaretti, ha fatto visita all’ospedale Santo Spirito “per dire grazie agli operatori sanitari impegnati nella campagna vaccinale”, che ha portato le Regioni ad avere “numeri davvero ottimi”.

Va bene la Provincia autonoma di Trento, che con quasi 5mila vaccini ha utilizzato circa la metà delle fiale a disposizione, e sembrano marciare a buon ritmo anche Basilicata, Campania, Friuli Venezia Giulia, Veneto, Toscana e Piemonte. A Torino si sta organizzando per il 6 gennaio un ‘Vaccine Day’ per medici di medicina generale e pediatri di libera scelta: sono già state convocati in 450 tra dottori e dottoresse.

In fondo alla classifica regionale, somministrano più lentamente (o, forse, hanno più persone che non vogliono vaccinarsi) Abruzzo, Molise, Calabria, Lombardia, Sardegna e Valle d’Aosta. Sono realtà diverse, accomunate spesso da problemi per la gestione della struttura sanitaria regionale, in alcuni casi commissariata. Stupisce che la Lombardia abbia somministrato solo il 3% delle oltre 80mila dosi a disposizione. Nel corso del vertice tra il presidente del Giuseppe Conte e i capidelegazione della maggioranza, domenica, è emersa preoccupazione al riguardo. Mentre la Lega ha preso le distanze dalle parole dell’assessore al Welfare, Giulio Gallera, in un’intervista a ‘La Stampa’ in cui ha detto che “abbiamo medici e infermieri che hanno 50 giorni di ferie arretrate. Non li faccio rientrare in servizio per un vaccino nei giorni di festa”, pur assicurando “tutti che faremo in tempo, nei tempi previsti. La vaccinazione è una priorità”. Secondo fonti del Carroccio, “le dichiarazioni dell’assessore Gallera non sono state condivise e non rappresentano il pensiero del governo della Lombardia. Non possono comunque essere strumentalizzate dal governo Conte per accusare la Lombardia di ritardi nella campagna vaccinale”.

Al di là delle polemiche sulle carenze territoriali, i partiti politici lanciano appelli per le categorie più fragili. Leu chiede di dare priorità alle carceri, Italia viva di non trascurare i disabili. I governatori leghisti lamentano la mancanza del personale per le inoculazioni, mentre Forza Italia suggerisce di seguire il modello israeliano: nello Stato ebraico si è già arrivati a vaccinare il 12% della popolazione. Percentuale che, purtroppo, al momento resta irraggiungibile in Italia: servirebbero oltre 6 milioni di dosi mentre per ora ne abbiamo a disposizione meno di un decimo.

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