La società calcistica Juve Stabia, militante in Serie B, finisce in amministrazione controllata per infiltrazioni della criminalità organizzata, ai sensi dell’art. 34 del Codice Antimafia. La misura di prevenzione disposta nei confronti del club è stata illustrata in conferenza stampa dal procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo con il questore di Napoli, Maurizio Agricola.
“Condizionata da clan D’Alessandro”
Le indagini hanno messo in luce che il clan di camorra D’Alessandro, egemone nel territorio stabiese, condizionava le attività della società stabiese. In particolare questi condizionamenti venivano esercitati nei settori della sicurezza, del ticketing, della bouvetteria, delle pulizie e dei servizi sanitari, e, fino al 2024, del trasporto della prima squadra, “configurandosi di conseguenza un oggettivo sistema di condizionamento mafioso dell’attività economica della società“.
Le indagini, anche attraverso le dichiarazioni rese da diversi collaboratori di giustizia e gli esiti delle registrazioni di alcuni colloqui in carcere di detenuti in regime di 41-bis, hanno messo in luce anche legami con il clan Cesarano. Molti servizi connessi allo svolgimento delle competizioni sportive della squadra sarebbero stati, nel tempo e contestualmente, affidati a imprese e soggetti con profili di contiguità al clan D’Alessandro. Elementi di condizionamento da parte dei clan sono emersi anche in merito alla scelta della società per i responsabili del settore tecnico giovanile, uno dei quali già destinatario di provvedimenti della giustizia sportiva: elementi che attestano “radicate e consolidate relazioni con clan“.
Ingresso allo stadio controllato dal tifo organizzato
Le indagini culminate nel provvedimento odierno sono partite lo scorso 9 febbraio. In occasione della partita contro il Bari dello scorso campionato di Serie B, vinta dai campani con il punteggio di 3-1, personale del Commissariato di Castellammare di Stabia ha verificato che ai tornelli di un accesso alla Curva San Marco dello Stadio Menti di Castellammare, riservato ai tifosi locali, era presente con ruolo attivo al filtraggio, accanto al personale steward, un esponente del tifo organizzato già colpito da Daspo.
La “compagine calcistica, nel suo attuale assetto societario e proprietario, è subentrata in relazioni economiche di antica data, che sin dall’origine si sono rivelate sottoposte al condizionamento di presenze e interessi mafiosi e rispetto alle quali non si è dotata di adeguati meccanismi di controllo e prevenzione”, evidenziano gli investigatori. Soprattutto per quanto riguarda il “nevralgico” settore della gestione della sicurezza e dello stewarding, dove “l’assenza di rigorosi strumenti di verifica e garanzia dei soggetti economici contraenti, cui è affidato il servizio, ha condizionato la gestione, anche sotto il profilo dell’ordine pubblico, degli eventi sportivi”.
Ultras legati al clan sul palco per la festa del club a maggio
Quando lo scorso 29 maggio fu organizzata una festa per celebrare i risultati della Juve Stabia, sul palco salirono anche i rappresentanti dei tre gruppi ultras della tifoseria, alcuni dei quali raggiunti dal daspo e con profili di contiguità criminale. È quanto evidenziato dalle indagini della Polizia di Napoli .Un espisodio che, per gli investigatori, certifica la “saldatura tra gli esponenti del tifo organizzato, già appartenenti o contigui a compagini criminali locali e la comunità stabiese”.I rappresentati degli ultras “si sono proposti pubblicamente sul palco con vertici della società di calcio, autorità civili e istituzioni pubbliche”.
Procura Figc chiederà gli atti alla magistratura
Il procuratore federale della Figc Giuseppe Chinè chiederà gli atti alla Procura di Napoli per eventuali provvedimenti dal punto di vista della giustizia sportiva.