Serie A, da 44 Gatti all’1+8 di Zamorano: 30 anni di maglie personalizzate

Serie A, da 44 Gatti all’1+8 di Zamorano: 30 anni di maglie personalizzate
Foto LaPresse – Spada 03 05 2015 Milano (Italia)

I numeri più curiosi o strani scelti dai calciatori

Fino a quel momento, i numeri sulle maglie dei calciatori di Serie A erano assegnati in base alla posizione in campo e tutto sembrava molto più chiaro: ogni ruolo aveva il suo ‘contrassegno’ numerico. All’1 il portiere, il 2 era il terzino destro e il 3 quello sinistro e così via via fino alla fine, con il 7 per l’ala destra e il 9 per il centravanti. Tempi andati e non più ritrovati. L’evoluzione dello sport sotto il profilo economico e di merchandising invocava una svolta e soprattutto chiedeva di adeguarsi ai tempi. Così prendendo esempio dalla Nba prima e successivamente dalla Premier League, la Serie A disse addio ai tanti cari numeri da uno a undici, quelli che nel calcio hanno tramutato giocate in poesia fin dal Dopoguerra.

La svolta nella stagione 1995-96

Era la stagione 1995-96, a settembre veniva fondata eBay e la Playstation veniva lanciata in Europa, e da allora anche il mondo italiano del pallone subì una svolta che venne annunciata come rivoluzionaria. Trent’anni fa la Lega di A approvò la normativa che diede il via libera all’introduzione della numerazione fissa. Ogni giocatore manteneva lo stesso numero per tutta la stagione, e il suo cognome (o nome, in alcuni casi) veniva aggiunto sopra o sotto il numero. L’idea era quella di distinguere tutti i prodotti del calcio, proprio come avveniva all’epoca e avviene oggi nella massimo campionato professionistico di basket Usa.

Il cambiamento non venne accolto favorevolmente da tutti all’inizio, ma con il tempo è diventato la norma e oggi è difficile immaginare un calcio italiano senza nomi e numeri sulle maglie. Si partì con una numerazione dall’1 al 24 ma poi venne allargata, dall’1 al 99. Spuntarono così nel corso del tempo numeri personalizzati (anche troppo) come il 44 di Fabio Gatti del Perugia (facendo il verso al brano dello Zecchino d’Oro del 1968), il 14 di Fortin del Siena (la pronuncia del numero in inglese era il suo cognome), il 7 di Nani della Lazio, il 5 di Sensi. Numeri ‘originali’, come il 99 di Cassano. Quando passò all’Inter l’attaccante barese dichiarò di aver scelto quel numero per affetto e anche come omaggio al suo amico Ronaldo, che lo indossava al Milan. A vestire l’ultimo numero della lista furono anche Riccardo Sottil al Milan e Dimitrios Papadopoulos e Javier Portillo all’Inter.

Se alcuni portieri rifiutano l’1 l’olandese De Guzman del Chievo invece quel numero lo ha scelto e indossato. E pazienza se è un centrocampista. Indimenticabili i 23 di Materazzi e Ambrosini in onore di Michael Jordan o il 32 di Vieri perché diceva gli portasse fortuna. Ci fu anche chi scelse numeri considerati inopportuni e che sollevarono dure polemiche come l’88 di Gigi Buffon nella stagione 2000-01 attirando le ire della comunità ebraica di Roma pronta a ricordare che quello è il numero che i neonazisti tedeschi usano per dire ‘Heil Hitler’.

Gli amici del portierone rivelarono che invece la scelta fu solo una goliardia e i suoi quattro ‘tondi’ simbolizzavano il numero degli attributi necessari per cercare di vincere lo scudetto. Da Del Piero a Maldini, passando per Zanetti, Baggio e Totti, ci sono poi le maglie numerate entrate nel mito. Senza dimenticare quella di Ivan Zamorano. Con la 9 occupata, il cileno dell’Inter si inventò il numero con la somma, prese il 18, vi inserì un ‘+’ e il gioco fu fatto. Geniale. In quel 1995-96 vennero anche decise le tre sostituzioni, anziché le due previste fino ad allora e la stagione precedente venne inserita la regola dei 3 punti a vittoria, che per per incentivare un gioco più offensivo e spettacolare ne avrebbe cambiato l’approccio e l’anima. Erano gli anni durante i quali il pallone stava cambiando forma. E la rivoluzione fu anche una questione di numeri. 

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