Sembra passata un’eternità da quel caldo pomeriggio di luglio del 2014 quando la Juventus annuncia il nome di Massimiliano Allegri come sostituto del dimissionario Antonio Conte. Dopo tre scudetti consecutivi il tecnico leccese getta la spugna, convinto che con quella rosa a disposizione non si può ottenere di più e che la società non sia ancora pronta ad investire sul mercato per l’acquisto di quei giocatori in grado di far fare il salto di qualità (famosa la frase di Conte: “Non ci si può sedere con 10 euro ad un ristorante da 100”). Allegri era reduce da una esperienza finita male al Milan con tanto di frase sprezzante di Berlusconi: “Non capisce nulla di calcio”. Catapultato a Torino si trova a gestire lo sgomento fra squadra e tifosi per l’addio di Conte. Un compito non facile, l’accoglienza non è certo delle più felici e l’esordio con una sconfitta in amichevole contro i dilettanti del Lucento non fu certo di aiuto. Ma da lì in poi per il tecnico toscano è stata una cavalcata trionfale con la conquista di tre scudetti consecutivi, tre Coppe Italia, una Supercoppa Italiana e soprattutto due finali di Champions League di cui una ancora da giocare.
In tre anni Allegri ha rivoltato la Juventus come un calzino, ma in modo graduale e senza traumi. All’inizio decide di assecondare lo spogliatoio e in particolare i ‘veterani’ confermando il 3-5-2 varato da Conte, ma già al primo anno soprattutto in Champions la sua Juve spesso gioca con il trequartista e un modulo più adatto al gioco offensivo. Non a caso al primo colpo il tecnico livornese oltre a scudetto e Coppa Italia centra anche una finale di Champions che la Juve sognava da 12 anni. A Berlino però Tevez, Morata, Pogba e un super Buffon non bastarono di fronte un Barcellona oggettivamente superiore con la MSN (Messi, Suarez e Neymar) in gran spolvero. L’anno dopo la Juve inizia male la stagione, prima di Natale si ritrova addirittura quasi in zona retrocessione. Dopo il ko di Sassuolo, le parole di Allegri spalleggiato da Buffon ed Evra danno la scossa. Inizia una rimonta straordinaria che porterà la Juve a vincere il quinto scudetto di fila e la Coppa Italia. In Europa solo il Bayern Monaco ferma la marcia dei bianconeri. Allegri è ormai entrato nel cuore dei tifosi della Juve, anche di quelli più scettici. “Ieri Contenti in Italia, oggi Allegri in Europa. Andiamo a comandare”, recita uno striscione apparso recentemente a Vinovo. In questa stagione la svolta a gennaio con il definitivo cambio di modulo e il passaggio al 4-2-3-1 con la possibilità di schierare in avanti tutte le bocche di fuoco a disposizione ed esaltare il super bomber Higuain arrivato in estate. E’ una cavalcata trionfale quella che porta Buffon e compagni alla conquista della terza Coppa Italia di fila (impresa mai riuscita a nessuno), quindi del sesto scudetto di fila e a giocare una seconda finale di Champions League.
Già così Allegri è ormai uno dei migliori allenatori della storia della Juve nell’era moderna, al pari di Lippi, Conte e Trapattoni. Eguagliato Conte con tre titoli vinti di fila, ora l’obiettivo è il record bianconero di Carcano con quattro scudetti consecutivi negli anni Trenta. Se dovesse arrivare il Triplete, poi, il tecnico toscano diventerebbe il primo italiano a compiere tale impresa e si andrebbe ad unire alla lista degli otto grandi allenatori che in passato ce l’hanno fatta: da Hiddink, a Mourinho, da Ferguson a Guardiola. “A me non interessa che mi dicano bravo, io sto dietro ai risultati”, è la filosofia di Allegri. E proprio l’aspetto psicologico votato ad una estrema praticità per Acciughina è sempre stato fondamentale, al pari della tecnica e della tattica. A dispetto delle critiche, spesso ingenerose per un gioco ritenuto poco spettacolare rispetto ad esempio a quello proposto dal Napoli di Maurizio Sarri, Allegri ha tirato dritto per la sua strada. Il suo capolavoro in questi tre anni di Juve è stato far maturare nei giocatori una consapevolezza, una sicurezza nei propri mezzi tali da dominare in Italia quasi in scioltezza e soprattutto di giocare questa stagione una seconda fase di Champions da protagonisti. La maturità con cui è stato affrontato e annientato quel Barcellona che due anni fa era stato un ostacolo insormontabile è stato il momento più alto, mentre la semifinale contro il Monaco è stata una pratica risolta già nei primi novanta minuti. La Juve che arriva alla finale di Cardiff è una squadra che ‘vuole’ vincere la Champions ed è convinta di poterlo fare anche se di fronte ci sarà un certo Cristiano Ronaldo. Gran parte del merito è sicuramente di Allegri.