Prandelli: Addio al Valencia? Delegittimato verso squadra e tifosi

"Mi avevano promesso rinforzi - racconta Prandelli - un investimento di 30 milioni poi molto ridotto"

"Non potevo restare al Valencia. Ero delegittimato verso la squadra e i tifosi". Cesare Prandelli torna sulle ragioni che lo hanno spinto alle dimissioni da tecnico del club di Liga. "Le premesse erano molto diverse", spiega in un'intervista a 'La Gazzetta dello Sport'. "Mi avevano promesso rinforzi – racconta Prandelli – un investimento di 30 milioni poi molto ridotto. Ero stato a Singapore a parlare con la proprietà. Avevo detto: 'Ci sono problemi, ho bisogno almeno di un centravanti, due centrocampisti, un difensore esterno'. Risposta: 'Ok'. E vado subito su Zaza, ideale per il mio progetto". "Chiudiamo con la Juve. Parlo con il papà, Antonio, e – prosegue l'ex ct della Nazionale – gli chiedo il permesso di contattare Simone. Lui ha carattere, personalità, è d'accordo e lo aspetto il 28 per il primo allenamento. Non posso perdere tempo. E invece la società blocca tutto e il 29 dicembre la vicepresidente, in videoconferenza, dice: 'Avete 24 ore per scegliere un centrocampista o un attaccante'. Ma come, dico io, la punta centrale è già fatta! Nessuna risposta. Allora mi prendo 24 ore di riflessione e poi mi dimetto: non abbiamo preso un giocatore… già preso. Missione finita". Con il Valencia Prandelli aveva un accordo di due anni, "un gran bel contratto". "Se volevo fare il furbo – sottolinea – avrei aspettato l'esonero, ma non sono fatto così. Mi pagheranno i tre mesi. Avevano il problema del monte stipendi, volevano ridurlo, ma gli ho ricordato che quei contratti li avevano firmati loro". Sul futuro, il tecnico commenta: "Sono determinato, adrenalinico, motivatissimo, ma non ho lasciato il Valencia per andare in un'altra squadra. Fatemi solo recuperare due idee e ne riparliamo presto: non ho in mente di ritirarmi, io".