Ancelotti: Nelle squadre non possono esserci clan

In anteprima parti della sua autobiografia, scritta con Chris Brady e Mike Forde

"Il mio approccio "calmo" alla leadership potrà sembrare un segno di debolezza, il tipo di calma che intendo io è una forza. È calma che trasuda potere". 'Undici' racconta Carlo Ancelotti, un 'coach totale', che ha espanso la propria importanza in tutta Europa, da Londra a Parigi passando per Madrid e Monaco di Baviera. "La leadership si può imparare, non imitare". Un estratto da 'Il leader calmo', l'autobiografia edita da Rizzoli, in uscita in Italia il prossimo 6 ottobre.

"Quando allenavo il Milan volevo che i giocatori parlassero solo in italiano, adesso che in ogni squadra ci sono giocatori di tanti Paesi diversi è più difficile, e spesso i ragazzi tendono a socializzare con i propri connazionali. (…) Ecco, questa è una cosa che va messa in chiaro subito con i ragazzi, va fatto loro capire che non possono esserci clan". Così il tecnico in un estratto dalla sua autobiografia, scritta con Chris Brady e Mike Forde, in anteprima sul nuovo numero di 'Undici', in edicola da giovedì 29 settembre.

Da quando ha lasciato il Milan è cambiato, molto. Non aveva allenato che in Italia, e oggi è uno degli allenatori con la maggiore esperienza internazionale, e il palmarès più ricco. Carlo si è seduto su quasi tutte le panchine delle capitali del calcio, e ovunque ha vinto. "Spesso non ci si rende conto della relazione più importante: quella tra l'allenatore e il suo staff. Quando allenavo in Italia, avevo uomini con cui lavoravo da tempo, e avrei voluto portarli con me. Il Chelsea ha cambiato il mio atteggiamento, mi ha fatto capire che è possibile plasmare nuovi rapporti e nuovi modi di lavorare".