L'appello lanciato dal Pontefice in vista della Giornata Mondiale di Preghiera per la Cura del Creato, che si celebrerà il prossimo 1 settembre. Un'occasione per riflettere, ma anche per "pentirci e modificare gli stili di vita e i sistemi dannosi"

Stiamo raggiungendo “un punto di rottura”. Ne è convinto Papa Francesco che, in tema di clima e ambiente, rilancia il “coro di grida amare” che arriva dal Creato. La prima a lamentarsi “dei nostri maltrattamenti umani” è proprio madre Terra che “geme e ci implora di fermare i nostri abusi e la sua distruzione”. Insieme a lei, poi, gridano i poveri che “soffrono più fortemente l’impatto di siccità, inondazioni, uragani e ondate di caldo che continuano a diventare sempre più intensi e frequenti”, i popoli nativi e i più giovani che “chiedono ansiosi a noi adulti di fare tutto il possibile per prevenire o almeno limitare il collasso degli ecosistemi del nostro pianeta”. Questo l’appello che Papa Francesco lancia in vista della Giornata Mondiale di Preghiera per la Cura del Creato, che si celebrerà il prossimo 1 settembre. Un’occasione per riflettere, ma anche per “pentirci e modificare gli stili di vita e i sistemi dannosi”. Un invito a impostare “un nuovo rapporto con Dio” che implichi anche “un rapporto diverso con gli altri e con il creato”. Una conversione ecologica, però, che “non è solo individuale” ma “comunitaria”. Per questo il Papa chiede alla comunità delle nazioni di impegnarsi “con spirito di massima cooperazione”.

In quest’ottica, il vertice COP27 sul clima, che si terrà in Egitto a novembre 2022, “rappresenta la prossima opportunità per favorire tutti insieme una efficace attuazione dell’Accordo di Parigi”. L’obiettivo di limitare l’aumento della temperatura a 1,5 gradi “è alquanto impegnativo”, ammette il Santo Padre, ribadendo quindi che serve “la responsabile collaborazione tra tutte le nazioni a presentare piani climatici, o contributi determinati a livello nazionale, più ambiziosi, per ridurre a zero le emissioni nette di gas serra il più urgentemente possibile”. Si tratta di “convertire i modelli di consumo e di produzione, nonché gli stili di vita, in una direzione più rispettosa nei confronti del creato e dello sviluppo umano integrale di tutti i popoli presenti e futuri, uno sviluppo fondato sulla responsabilità, sulla prudenza/precauzione, sulla solidarietà e sull’attenzione ai poveri e alle generazioni future”.Infine, il Papa si rivolge direttamente alle grandi compagnie estrattive – minerarie, petrolifere, forestali, immobiliari, agroalimentari – e “in nome di Dio”, chiede loro di “smettere di distruggere i boschi, le aree umide e le montagne, di smettere d’inquinare i fiumi e i mari, di smettere d’intossicare i popoli e gli alimenti”. Ed evidenzia l’esistenza di un “debito ecologico” delle nazioni economicamente più ricche “che hanno inquinato di più negli ultimi due secoli”.

Un debito che implica che compiano “passi più ambiziosi sia alla COP27 che alla COP15”. Quindi, accanto a “un’azione determinata all’interno dei loro confini” si chiede loro “di mantenere le loro promesse di sostegno finanziario e tecnico per le nazioni economicamente più povere, che stanno già subendo il peso maggiore della crisi climatica”. Inoltre – conclude Bergoglio – sarebbe opportuno “pensare urgentemente anche a un ulteriore sostegno finanziario per la conservazione della biodiversità”. “I ritardi degli altri – ammonisce il Papa – non possono mai giustificare la propria inazione. È necessario agire, tutti, con decisione”. 

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