L'atleta sudafricana ancora al centro delle polemiche per la sua identità sessuale

La vittoria di Caster Semenya negli 800 alle Olimpiadi di Rio ha fatto tornare di attualità la 'discussa' identità sessuale della 25enne campionessa sudafricana. Sullo scontro fra Iaaf e Tas per le norme che riguardano appunto l'identità sessuale degli atleti, Semenya non è voluta entrare: "Stasera siamo qui per parlare delle prestazioni – ha detto al termine della gara – non della Iaaf e di speculazioni. Lo sport ha lo scopo di unire le persone. Penso che è quello che dobbiamo continuare a fare. È semplicemente fantastico. Il mio obiettivo principale era vincere per il mio popolo".

Per la neo campionessa olimpica lo sport "è amarsi l'uno con l'altro, non di discriminare le persone e non di guardare cosa pensa la gente". Il tempo fatto segnare stanotte dalla Semenya è di esattamente due secondi più lento del record del mondo ormai vecchio di 33anni di Jarmila Kratochvilova ma per Semenya questo non è un obiettivo: "non eravamo concentrati per battere il record del Mondo, ci siamo concentrati sulla vittoria e sul fare una buona prestazione".

Il 'caso' di Semenya era scoppiato ai mondiali di Berlino del 2009, quando l'allora 18enne finì sulle prime pagine dei giornali, non solo per la vittoria negli 800 metri, ma anche a causa del suo aspetto, considerato troppo mascolino. Tanto da far dubitare della sua reale identità sessuale. L'atleta viene sottoposta ad alcuni esami, dai quali emerge il suo essere ermafrodita. Nel 2015 si è sposata in Sudafrica con la fidanzata, Violet Raseboya.

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