Enciclica in pandemia. Il Papa: “Il virus non è un castigo, ma realtà geme e si ribella”

Diffusa oggi 'Fratelli tutti'. Il Pontefice all'Angelus: "Necessario ripensare nostri stili vita"

Una pandemia che nessuno si sarebbe aspettato, esplosa mentre Papa Francesco scriveva la sua Enciclica sulla fratellanza e l’amicizia sociale, mette in luce in luce “tutte le nostre false sicurezze”.

Non poteva essere, nel dramma, un esempio migliore di quanto fondamentale sia la solidarietà e quanto insensato sia definire “gli altri”, in un mondo in cui dovrebbe esistere soltanto un “noi”, interconnesso come mai era stato prima. L’emergenza sanitaria ci sbatte in faccia, assopiti nei nostri piccoli mondi, la consapevolezza di essere “una comunità mondiale che naviga sulla stessa barca, dove il male di uno va a danno di tutti”, scrive il Papa. Ci siamo improvvisamente ricordati, insomma, che “nessuno si salva da solo, che ci si può salvare unicamente insieme”.

L’occasione è unica per cambiare approccio, difficilmente ce ne sarà un’altra.

“Voglia il Cielo – implora il Papa – che non sia stato l’ennesimo grave evento storico da cui non siamo stati capaci di imparare. Che non ci dimentichiamo degli anziani morti per mancanza di respiratori, in parte come effetto di sistemi sanitari smantellati anno dopo anno. Che un così grande dolore non sia inutile, che facciamo un salto verso un nuovo modo di vivere e scopriamo una volta per tutte che abbiamo bisogno e siamo debitori gli uni degli altri, affinché l’umanità rinasca con tutti i volti, tutte le mani e tutte le voci, al di là delle frontiere che abbiamo creato”. Ecco perché Francesco mette in guardia il mondo: “Se qualcuno pensa che l’unico messaggio sia che dobbiamo migliorare i sistemi e le regole già esistenti, sta negando la realtà”, afferma.

Il problema, tra gli altri, è che il mondo “avanzava implacabilmente verso un’economia che, utilizzando i progressi tecnologici, cercava di ridurre i ‘costi umani’, e qualcuno pretendeva di farci credere che bastava la libertà di mercato perché tutto si potesse considerare sicuro”. Questa pandemia fuori controllo invece ha obbligato a pensare agli esseri umani, “a tutti, più che al beneficio di alcuni”. Il dolore, l’incertezza, il timore e la consapevolezza dei propri limiti, fanno risuonare l’appello a “ripensare i nostri stili di vita, le nostre relazioni, l’organizzazione delle nostre società e soprattutto il senso della nostra esistenza”. Quando sarà passata la crisi sanitaria, la peggiore reazione sarebbe quella di “cadere ancora di più in un febbrile consumismo e in nuove forme di auto-protezione egoistica”.

E’ davvero difficile, per il Pontefice, pensare che questo disastro mondiale non sia in rapporto con il nostro modo di porci rispetto alla realtà, “pretendendo di essere padroni assoluti della propria vita e di tutto ciò che esiste”. Non lo considera un castigo divino, e neppure “basterebbe affermare che il danno causato alla natura alla fine chiede il conto dei nostri soprusi”. Ma, sostiene, “è la realtà stessa che geme e si ribella”.

Per l’occasione, torna cartaceo anche il giornale del Papa, l’Osservatore Romano, che a marzo scorso, in pieno lockdown, aveva sospeso le stampe. Torna con un’edizione speciale per il nuovo lavoro di Bergoglio e viene distribuito ai fedeli in piazza, per ascoltare le parole del Papa. “Ieri sono stato ad Assisi per firmare la nuova enciclica ‘Fratelli Tutti’ sulla fraternità e l’amicizia sociale. L’ho offerta a Dio sulla tomba di San Francesco, dal quale ho tratto l’ispirazione. I segni dei tempi mostrano che la fraternità e la Cura del Creato sono l’unica via per lo sviluppo integrale e la pace già indicata dai santi papi Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II”, dice, dopo aver recitato la preghiera mariana.

Per un giorno, la terza Enciclica di Bergoglio, dopo la Lumen Fidei (2013) e la Laudato Si’ (2015), mette in ombra gli scandali che tornano a colpire il Vaticano, questa volta sul lato finanziario. Anche se Bergoglio coglie l’occasione dell’Angelus per commentare, a suo modo, anche quello che sta succedendo, partendo dal Vangelo di oggi, che racconta la parabola dei vignaioli omicidi: “In ogni epoca, coloro che hanno un’autorità nel popolo di Dio possono essere tentati di fare i propri interessi, invece di quelli di Dio stesso, anche nella Chiesa. Ma la vigna è del Signore, non nostra. L’autorità è un servizio, e come tale va esercitata, per il bene di tutti e per la diffusione del Vangelo. E’ brutto vedere quando nella Chiesa le persone che hanno autorità cercano i propri interessi”.