Proclamato Santo, era un prete di strada, il sacerdote degli ultimi: il santo prefetto per Papa Francesco. Nel 1980 mentre celebrava la messa fu ucciso da un cecchino dello squadrone della morte che gli recise la giugulare "colpevole" di aver denunciato gli abomini della dittatura di El Salvador
"È inconcepibile che qualcuno si dica cristiano e non assuma, come Cristo, un'opzione preferenziale per i poveri. Prendiamo sul serio la causa dei poveri, come se fosse la nostra stessa causa, o ancor più, come in effetti poi è, la causa stessa di Gesù Cristo". Parlava così Oscar Romero in un'omelia il 9 settembre 1979. Un anno dopo, mentre celebrava la messa, un cecchino dello squadrone della morte gli recise la giugulare. La sua colpa era aver parlato 'troppo', aver denunciato gli abomini della dittatura militare di El Salvador.
Era il 24 ottobre e nella stessa data l'Onu ha proclamato la Giornata internazionale per il diritto alla verità sulle gravi violazioni dei diritti umani e per la dignità delle vittime. Romero non era solo un vescovo, era un prete di strada, il sacerdote degli ultimi, voce degli oppressi: il santo perfetto per Papa Francesco. Negli anni del suo arcivescovado e dopo la sua morte, fu accusato da più parti di essere stato vicino alla teologia della liberazione, ma Bergoglio non ha mai avuto dubbi sulla santità: "Ucciso due volte", disse durante la sua beatificazione. "Diffamato e calunniato, anche da suoi fratelli nel sacerdozio e nell'episcopato. Lapidato con la pietra più dura che esiste al mondo: la lingua".
Sembra che con Paolo VI ci fosse un rapporto difficile. Nell'ultima udienza privata con lui, l'arcivescovo di San Salvador lasciò al Pontefice una nota dura: "Lamento, Santo Padre, che nelle osservazioni presentatemi qui in Roma sulla mia condotta pastorale prevale un'interpretazione negativa che coincide esattamente con le potentissime forze che là, nella mia arcidiocesi, cercano di frenare e screditare il mio sforzo apostolico". Il 23 marzo 1980 Romero invitò gli ufficiali e tutte le forze armate a non eseguire gli ordini, se contrari alla morale umana: "Io vorrei fare un appello particolare agli uomini dell'Esercito e in concreto alla base della Guardia Nazionale, della Polizia, delle caserme: Fratelli, appartenete al nostro stesso popolo, uccidete i vostri stessi fratelli contadini; ma rispetto a un ordine di uccidere dato da un uomo deve prevalere la legge di Dio che dice 'Non uccidere'. Nessun soldato è tenuto a obbedire a un ordine contrario alla Legge di Dio. Vi supplico, vi chiedo, vi ordino in nome di Dio: 'Cessi la repressione!'".
Fu ammazzato il giorno dopo, mentre celebrava la messa nella cappella dell'ospedale della Divina Provvidenza. decise di non presiedere al funerale, delegò la celebrazione Ernesto Corripio y Ahumada, arcivescovo di Città del Messico. Durante i funerali l'esercito aprì il fuoco sui fedeli, compiendo un massacro.