A Taipei restano soltanto altri 16 partner nel mondo e la Santa Sede è l'unico in Europa

"Taiwan è Davide e la Cina è Golia, ma siamo convinti che prevarremo". La repubblica di Taiwan cerca di non mostrarsi preoccupata dall'accordo sui vescovi che la Santa Sede ha appena stretto con la Cina, anche se soltanto negli ultimi due anni, a causa di Pechino, ha perso cinque alleati.

Taipei punta il dito contro il governo comunista e la sua azione sistematica tutta incentrata a isolarla dal resto del mondo. "Nonostante gli sforzi umanitari profusi da Taiwan e la sua volontà di essere un interlocutore responsabile nello scacchiere globale, la Cina comunista purtroppo mostra l'intenzione di escluderlo dallo svolgere un ruolo significativo nell'ambito delle Nazioni Unite e della comunità internazionale", ha denunciato Matthew Lee, ambasciatore della Repubblica di Taiwan presso la Santa Sede, nel giorno della 107esima festa nazionale.

Pechino non intrattiene relazioni diplomatiche con Paesi legati a Taiwan, quello con il Vaticano è l'unico caso. La preoccupazione di essere lasciata all'angolo anche dal Vaticano sarebbe legittima. Ma da Oltretevere giurano che "il Santo Padre non abbandonerà nessuno dei suoi figli", come ha tranquillizzato il segretario di Stato, Pietro Parolin, il 20 settembre scorso. Taiwan insiste sul carattere religioso e non diplomatico dell'intesa Cina-Vaticano: in questa chiave, per Taipei è addirittura "significativa" perché, per la prima volta, il Partito comunista cinese riconosce il Papa come leader delle comunità cattoliche, "venendo così meno al suo vecchio assioma di 'non ingerenza negli affari interni della Cina da parte dei Paesi stranieri'". "Riteniamo che, con quest'atto, il Vaticano miri a conservare la propria gerarchia ecclesiastica, offrendo ai cattolici della Cina continentale la possibilità di professare la propria fede nella normalità, promuovendo la libertà religiosa", ha commentato l'ambasciatore.

Finora, i 12 milioni di cattolici cinesi erano spaccati tra chi professava la religione clandestinamente riconoscendo il Pontefice come guida e chi aderiva all'Associazione Patriottica Cattolica, controllata da Pechino. Con il riconoscimento da parte del Pontefice di sette vescovi nominati dal governo, Pechino ha concesso che l'ultima parola sulle questioni ecclesiastiche spetti d'ora in poi al Papa. Nel maggio di quest'anno, i vescovi taiwanesi hanno compiuto dopo 10 anni una visita Ad Limina a Papa Francesco e l'ultima volta che un alto funzionario taiwanese ha visitato il Vaticano è stato nel 2016, quando il vicepresidente Chen Chien-Jen ha guidato una delegazione per la canonizzazione di Madre Teresa. Per rafforzare i legami, il vice ministro degli affari esteri di Taipei, Kelly Hsieh, ha annunciato che Chen visiterà il Vaticano, per un'udienza privata con Papa Francesco e per invitare il Pontefice a Taiwan. Visitare Taipei potrebbe essere per Bergoglio un passo diplomaticamente necessario prima dell'atteso viaggio nel Celeste Impero.
 

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