Roma 18 mar. (LaPresse) – “Le modalità prescelte per il sequestro non possono che essere ispirate a quelle finalità essenziali della tortura pubblica di tipo punitivo e/o intimidatorio Brutale e gratuita violenza fisica e di inflizione di sofferenze corporali personali che non possono che avere prodotto, per la loro imponenza, gravissimo dolore e tormento in senso stretto, in un crescendo che ha originato l’evento morte, anche a voler trascurare il dato del patimento psicologico. Le condotte contestate a Ibrahim Magdi di inflizione al corpo di Giulio Regeni di gravi lesioni personali di natura fisica all’origine dell’indebolimento e della perdita permanente di più organi attraverso strumenti di tortura e mezzi contundenti di varia natura (calci e/o pugni, strumenti atti all’offesa quali bastoni e mazze) sino a cagionarne la morte, con la connessa contestazione circostanziale delle aggravanti delle sevizie e della crudeltà, quand’anche rubricate nell’unica fattispecie che al tempo lo consentiva in attuazione del principio di legalità possono agevolmente ricomprendersi nel concetto più puro e minimale di ‘tortura’, così come allora vivente nell’ordinamento e semplicemente esplicitato in via postuma dall’art. 613 bis del codice penale”. Lo scrivono la presidente della corte d’Assise di Roma, Paola Roja, nel dispositivo letto in aula durante la seconda udienza per l’omicidio di Giulio Regeni, il ricercatore ucciso in Egitto da quattro 007.

© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata