Roma, 3 dic. (LaPresse) – “Questi ragazzi non sono delle persone che hanno barato, è semplicemente un fatto di procedure di comunicazione della loro presenza”, l’attuale Federazione Italiana di atletica leggera “non solo è totalmente estranea ma per certi versi è totalmente vittima”. Così Giovanni Malagò, presidente del Coni, ha commentato la decisione dell’Ufficio di Procura Antidoping della Nado Italia di deferire 26 atleti azzurri, per i quali è stata chiesta una squalifica di due anni.
CONFUSIONE SULLA VICENDA. “C’è molta confusione nel leggere, nell’interpretare e nel capire di cosa si sta parlando. Sono vicende che riguardano sostanzialmente il quadriennio 2009- 2012, in particolare, mi sembra, 2011 e 2012”, ha spiegato il numero uno dello sport italiano ai microfoni di ‘Non Stop News’ su Rtl 102.5. Il ‘whereabout’, ha poi chiarito, “è praticamente un codice che impegna gli atleti divisi su due categorie, di fascia A e di fascia B, i primi quelli di grande rilievo internazionale che sono sotto l’egida della Wada che è l’agenzia indipendente antidoping e quelli di fascia B che rientrano nei controlli a livello nazionale. Sulla base di quelli che sono stati gli incartamenti arrivati a pioggia e a singhiozzo, dato il volume dei documenti, dalla Procura di Bolzano dopo le note vicende che riguardavano il caso Schwarzer – ha proseguito Malagò – la Procura nazionale antidoping ha disposto questi deferimenti solo e semplicemente in quegli anni, malgrado nessuno avesse segnalato questo tipo di comportamento anomalo, nessuno aveva nemmeno effettuato un warning, un’ammonizione, un cartellino giallo, e quindi ha dovuto necessariamente predisporre un atto dovuto nei confronti di 26 atleti su un blocco di 65”.
I RAGAZZI NON HANNO BARATO. “Questo lo dico con molta franchezza, non è giustificazione, è segnale – ha proseguito – di grandissima serietà e trasparenza sotto il profilo della governance della procura antidoping, perché dimostra di essere totalmente indipendente, come è giusto che sia. Io la notizia lo letta da giornali e agenzie”. “Poi non è più procura del Coni ma ha assolutamente autonomia gestionale e soprattutto, con assoluta franchezza, questi ragazzi non sono delle persone che hanno barato. E’ semplicemente – ha aggiunto il numero uno del Coni – un fatto di procedure di comunicazione della loro presenza con, all’epoca, dei sistemi di comunicazione che non sono quelli attuali, come le app attraverso le quali vengono trasmesse le posizioni. All’epoca bisognava mandare dei fax che poi venivano inviati dalla Federazione alla Procura, insomma era un sistema molto poco efficiente”.
PROBLEMI DI COMUNICAZIONE. “Gli atleti non si sono resi disponibili e rintracciabili ai controlli? Non è esattamente questo, tanto è vero che moltissimi di loro che altrettanto avevano questo tipo di problemi, sulla base di testimonianze, di documentazioni, di verbali, sono riusciti a dimostrare le falle del sistema”, ha continuato Malagò. “Se andate a leggere le testimonianze di alcuni di questi ragazzi vi rendete conto che ci sono ampi elementi di giustificazione di tutto quello che è successo, di questa procedura”. A detta del numero uno del Coni, questa “manchevolezza di carattere formale, che poi diventa anche sostanziale nel momento esatto in cui questo deferimento si tramutasse in realtà sanzionatoria al 100%, va condivisa con la Federazione dell’epoca, con la Procura dell’epoca, perché non ha fatto alcun tipo di ammonizioni. L’attuale Federazione Italiana di atletica leggera, scusate se lo dico, non solo è totalmente estranea ma per certi versi è totalmente vittima”. “Sono state richieste il massimo delle pene, non ne sapevo assolutamente niente”, ha assicurato. “Siamo arrivati al paradosso di sanzionare anche atleti che dicono che era stato mandato un fax in un posto, è documentato, in cui il fax era rotto. Di conseguenza non era possibile comunicare la loro reperibilità, anche qualche atleta che non ha gareggiato, ha smesso di gareggiare. Con tutto il rispetto del mondo – ha sottolineato – il Comitato Olimpico esce come un gigante. Penso ci siano ampi margini di giustificazione e difesa da parte dei ragazzi e delle ragazze, è un dato di fatto”.
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