Torino, 6 mag. (LaPresse) – Ci voleva uno dei gladiatori della leggendaria era Lippi per riportare la Juventus sul trono d’Italia e completare la rinascita avviata sulle macerie di Calciopoli. Non v’è alcun dubbio che lo scudetto 2011-2012 negli annali verrà ricordato come quello di Antonio Conte. L’ex capitano di mille battaglie, prelevato dal Siena da Agnelli e Marotta per riuscire là dove avevano deluso Ferrara, Zaccheroni e Delneri, è riuscito al primo colpo a spingersi oltre l’immaginabile, scucendo il tricolore al favoritissimo Milan in una stagione dove i tifosi juventini avrebbero firmato ad occhi chiusi per un piazzamento Champions.

Conte ha ridato la scossa ad un ambiente che si era scordato dei gran galà europei e rassegnato ormai a fare da spettatore in campionato al duello tra le milanesi, prendendo per mano una squadra verso una nuova alba, rinvigorita dall’inaugurazione dello stadio più moderno d’Italia e capace di registrare una serie impressionante di sold out neanche fossimo in Inghilterra o Germania. L’uomo del passato glorioso che si fa “nuovo”, facendosi complice dello spogliatoio e dodicesimo giocatore in campo alla maniera del Guardiola blaugrana, trasmettendo ai suoi uomini quell’arte di vincere che lui tanto bene ha conosciuto e alla quale – alla faccia degli alchimisti tutto tattica e strategie – può ancora essere applicata l’antica ricetta del “testa, cuore e gambe”, come ricordato alla vigilia di Trieste.

Conte è stata davvero l’arma in più della Juventus, come ricordato in ogni intervista dai giocatori bianconeri. “Ci ha ridato entusiasmo e trasmesso la sua voglia di vincere”: un mantra ripetuto per tutta la stagione da Buffon e compagni. Mentre i giocatori delle squadre rivali ringraziavano il fuoriclasse che con una magia aveva regalato la vittoria, i bianconeri rendevano omaggio al tecnico. La capacità di motivare la squadra, espressa in campo attraverso gestualità e continui incitamenti e già celebrata dai tifosi del Bari che lo assunsero ad idolo dopo i difficili inizi, non deve far passare in secondo piano la sapienza tattica di Conte, bravo a capire subito – a differenza di altri suoi predecessori – che la “dittatura del modulo” a questa Juventus non serviva. Meglio uno schema malleabile a seconda delle partite e dei giocatori che, unito ad un invidiabile freschezza atletica, ha permesso alla Juventus i praticare a larghi tratti il più bel calcio del campionato.

Tuttavia, più che l’applicazione del 4-2-4 o del 4-3-3, il segreto di Conte è aver convinto la squadra a fidarsi di lui rimanendo se stesso, senza indossare i panni del “giovane guru” che tanto attira gli Abramovich. Due video che hanno impazzato su Facebook riassumono bene il Conte sanguigno e motivatore: la faccia incredula di Krasic dopo uno “spiegone” del tecnico durante una partita, forse esternato in dialetto pugliese, e il discorso ai giocatori alla maniera del coach Al Pacino in “Ogni maledetta domenica”. Altro pregio di Conte è stato quello di mantenere i nervi saldi sotto i fuochi della critica nel pieno della “pareggite” juventina, il momento più duro della sua gestione, e di dribblare le immancabili provocazioni anche quando, soprattutto nel post-Muntari, le punzecchiature degli avversari si facevano più pepate. Il tutto condito dall’immancabile basso profilo. Per almeno tre quarti del campionato in ogni conferenza stampa e post-gara Conte non mancava di ricordare “i due settimi posti da dove arriviamo” e quanto la squadra doveva crescere per mettersi al pari delle big, per poi definire lo scudetto ormai ad un passo “un’impresa storica” e paragonabile a quello del Verona ’85.

Completato il capolavoro tricolore, in attesa della finale di Coppa Italia con il Napoli, Conte è ora atteso da una sfida ancora più difficile: confermare i risultati. Nella prossima stagione il tecnico sarà chiamato a difendere lo scudetto ritrovato e, soprattutto, a scortare la truppa orfana di Del Piero sul palcoscenico più prestigioso: quello della Champions. A Roma, la notte dell’ultimo trionfo bianconero, ad alzare la ‘Coppa con le orecchie’ vinta ai rigori sull’Ajax, Conte c’era. A lui il compito di spiegare ai suoi giocatori come si fa.

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