Suzuka (Giappone), 8 ott. (LaPresse) – La funzione che ha deciso il Mondiale 2011 di Formula 1 è semplice: Sebastian Vettel ha guidato in maniera perfetta la monoposto più forte. Un dominio, quello del tedesco, mai in discussione, nemmeno nelle poche gare in cui ha dovuto rinunciare al primo posto. Solo nella pazza corsa di Montreal, Vettel ha avuto un ‘bug’, consentendo a Button di andare a conquistare la vittoria all’ultimo giro, e solo in un’occasione si è mostrato insolitamente inoffensivo: in Germania, con la prestazione più sottotono dell’anno. Unici nei di una stagione perfetta.

Il secondo titolo mondiale consecutivo, conquistato a 24 anni, è un altro fondamentale tassello verso l’olimpo degli dei delle quattro ruote. Vettel ha superato un’altra prova del fuoco, zittendo le voci di chi rifiuta di considerarlo vero fuoriclasse. Ma nel mondo dello sport i paragoni corrono veloci: ed ecco che il suo identikit non può che appiccicargli addosso l’etichetta di erede di Schumacher, icona rigorosamente venerata nei poster in camera durante l’infanzia. La perfezione robotica con cui mette in fila gli avversari, lo stile di guida freddo e funzionale, agli antipodi dalle acrobazie da videogioco di Lewis Hamilton, la cannibalesca fame di vittorie: a Suzuka, anticamera del suo trionfo, poteva concedersi una passerella, invece ha sofferto e lottato come un leone per l’ennesima pole position, festeggiata con la gioia di un bambino.

Il bis mondiale non riuscirà a tacere chi associa le sue vittorie alla potenza della macchina, sfidandolo a misurarsi su monoposto meno “mostruose”, ma il curriculum del tedesco inizia ben prima della sua ascesa alla Red Bull. Una carriera precoce, quella del pilota di Heppenheim, che inizia come da tradizione sulle piste dei go kart e che vede il debutto in Formula 1 nel 2007, ad Indianapolis, quando è chiamato a sostituire alla guida della Bmw Kubica, vittima di un incidente a Montreal. Da buon tedesco, Sebastian non si lascia sopraffare dalle emozioni e conclude con un rispettabile ottavo posto. Strappando già il primo record: all’età di 19 anni e 345 giorni è il pilota più giovane ad andare a punti.

Vettel si guadagna la maglia da titolare nella Toro Rosso, a partire dal Gran Premio d’Ungheria, dove sotto una pioggia torrenziale solo uno scontro con Webber e Hamilton gli impedisce di arrivare sul podio. Il riscatto è immediato, con il quarto posto ottenuto nel Gran Premio della Cina. Nel 2008, complice il ritiro di David Coulthard, viene ingaggiato dalla Red Bull: e alla guida della monoposto ‘con le ali’, Vettel espugna Monza diventando all’età di 21 anni e 73 giorni il più giovane vincitore di un Gran Premio, primato strappato a Fernando Alonso. La scalata di Vettel è inarrestabile: confermato dalla Red Bull per la stagione 2009, il tedesco si laurea vicecampione del mondo dietro a Button. Il resto, è storia: l’anno successivo il ragazzo è ormai maturo per dare battaglia al titolo mondiale. I podi totali saranno nove, e arriva il trionfo, inaspettato, nell’epilogo di Abu Dhabi, quando tutti i pronostici erano per Alonso, che invece non va oltre il settimo posto. Vettel scippa ad Hamilton il primato di giovane campione del mondo nella storia della Formula 1. Senza aver trascorso mai un giorno in vetta alla classifica. Ma a questo ha rimediato, e alla grande, come nel suo stile: dominando dall’inizio il mondiale 2011, ed allungando il suo dominio nei prossimi anni a venire. Difficile dire se siamo davvero agli albori dell’era Vettel. In ogni caso McLaren e Ferrari sono avvertite, ci sarà molto lavoro da fare per spodestare dal trono l’uomo della Red Bull.

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