Bruno Santini, fiorentino, classe 1958, è un volto amato del cinema, della televisione e del teatro italiano. Barbara Fabbroni l’ha intervistato per LaPresse.it.
Perché ha scelto di fare l’attore?
“Mi è sempre piaciuto, ho iniziato a farlo senza accorgermene. Ho iniziato giovanissimo a scrivere canzoni. Mi sono scritto alla Siae che ancora era un bambino, forse ero alle medie. Casualmente ho iniziato a fare l’attore. Il caso alla fine è quello che determina il tuo percorso, da lì sono iniziati i primi contratti professionali, i primi guadagni”.
Come nasce il suo rapporto con Leonardo Pieraccioni?
“Eravamo due amici, ho iniziato a fare l’attore prima di Leonardo. Era bravo, divertente, faceva le imitazioni. Costruiva delle storie simpatiche intorno a un personaggio. Così lo portai con me in un paio di spettacoli e alla radio dove lavoravo. Era davvero straordinario”.
Si ricorda un aneddoto di quel tempo?
“Una volta mi disse: Se avessi messo su un banchino di brigidini in un mercato accanto ad altri banchini di brigidini la gente sarebbe venuta da me, non per i brigidini, ma per la simpatia. Ed è vero! Leonardo è una persona divertente e solare. Andare a mangiare con lui è tuffarsi in un momento di leggerezza e allegria che fa bene al cuore”.
E poi?
“Poi c’è stato il sorpasso!”.
Cosa significa?
“Leonardo ha fatto cinema nel modo più completo. Un giorno ero da lui. Io al tempo ero l’attore e lui un giovane di belle speranze. Mi disse: Vorrei scrivere un film. Soggetto e sceneggiatura. Vorrei fare l’attore e la regia. Leonardo, mi sembra esagerato. Fai l’attore e se poi riesci a fare il soggetto è già abbastanza. Lui mi guardò: Voglio proporlo a Cecchi Gori. Leonardo sei impazzito. Sceneggiatura, soggetto, attore, regia e Cecchi Gori (all’epoca il massimo che si potesse chiedere al cinema come produzione)… Tanto è stato che ha fatto esattamente quello che aveva detto. Molte volte la fortuna aiuta, però bisogna anche crederci e sognare un itinerario ambizioso mirando al bersaglio. Il bersaglio è stato centrato!”.
Lei è stato presente sin dal primo film di Pieraccioni?
“Leonardo ha sempre messo degli amici nei suoi film. A lui piace condividere e stare con le persone che ama. Il primo film è stato “I laureati”. Dovevo fare Bruno, uno dei quattro protagonisti. Cecchi Gori si spaventò. Era una prima regia. Gli altri tre protagonisti erano tutti alle prime esperienze. Così il mio ruolo fu affidato a Gian Marco Tognazzi. Nel film interpreto il regista dei fotoromanzi”.
Perché il regista dei fotoromanzi?
“Leonardo conosceva la mia passione per i fotoromanzi. Così quando lui mi disse: Regista dei fotoromanzi, a Viareggio con la Cucinotta, gli dissi: Dimmi quando devo venire che parto! Quel ruolo mi calzava a pennello”.
Poi è arrivata la battuta “Buongiorno una sega!” dal “Ciclone” che ha fatto storia.
“È vero. Questa è la grande magia del cinema. Per anni le persone per strada mi dicevano “Buongiorno sindaco” e si aspettavano la risposta. Accade ancora oggi. È una magia, il film vive nel quotidiano. È il quotidiano. Il bello di questo mestiere è tutto qui”.
Arriva anche “Alighieri Durante… detto Dante” per Rai Cultura?
“Faccio il provino. La mia agente mi chiama dicendomi che era andato bene. Lavorare con Alessandro Barbero è stata un’esperienza bellissima. Mi sono impegnato molto. Tanto da chiudermi una settimana in casa per studiarmi sette pagine di copione. Abbiamo avuto un grande successo”.
La troviamo nel cast del prossimo film di Pieraccioni, “Il sesso degli Angeli”?
“Sì. Avevo voglia di girare nuovamente con lui. Sul set c’è un clima leggero, è una benedizione lavorare con lui. Ne “I Laureati” io girai l’ultima settimana. Sul set c’era un clima corale che si ritrova ogni volta. Lì compresi che lui aveva davvero talento. Leonardo, nonostante il successo, è rimasto sempre uguale, non è cambiato”.
Cosa le resta di tutti i personaggi che ha interpretato?
“Sono sincero: ho un fisico che propone una certa immagine. Ho la faccia dell’avvocato, del notaio, del medico. Per “Nero a metà” la produzione mi ha scelto per il ruolo di un pericoloso assassino solo perché era una figura ambivalente. Non doveva avere la faccia di un uomo pericoloso. Sono personaggi che di fatto sono lontani da me. Io non sono questo, però so di avere la faccia che dà quest’immagine. Tornando alla domanda, non mi hanno arricchito molto perché non c’è mai stato di fatto un gran lavoro. Sono altri i personaggi che possono arricchirti”.
Le è mai capitato di pensare “Tanto stanotte si va via”?
“È il racconto di un eccidio a Valibona. Il testo raccoglie le testimonianze dei superstiti di quella “storica” battaglia, oggi purtroppo tutti deceduti. L’intento è di restituire la dimensione umana ai giovani partigiani che furono attaccati dai fascisti a Valibona. E che lasciarono morti sul campo tre compagni, tra cui il loro capo. Abbiamo fatto un centinaio di rappresentazioni in teatro. Ma ogni volta che arrivo a una certa battuta mi si rompe la voce. È una cosa che sento tantissimo, anche se è un piccolo libro che si legge in un attimo”.
Si stava meglio quando si stava peggio?
“Sono innamorato perso – se ne è fatta una ragione anche mia moglie – degli anni ’60. Non so perché ma li amo. Mia nonna diceva sempre: Si stava meglio quando si stava peggio!. Allora sono andato a guardare per capire. “Si stava meglio quando si stava peggio“, un mix di nostalgia e comicità per rileggere il nostro passato. E vedere il nostro presente sotto la beffarda lente della satira”.
Ma lei, da grande, cosa farà?
“L’attore! È la mia più grande passione, Non potrei vivere senza il mio mestiere”.