Oscar, Birdman vola alto. Quattro premi anche a Grand Budapest Hotel, snobbato Boyhood

Los Angeles (California, Usa), 23 feb. (LaPresse) – È la commedia dark ‘Birdman‘ la trionfatrice degli Oscar 2015, in una serata dove è stato ricorrente il confronto con i temi delle disuguaglianze e delle discriminazioni. L’opera di Alejandro Gonzalez Inarritu è stata premiata dall’Academy con quattro delle statuette più importanti, ovvero miglior film, miglior regista, miglior sceneggiatura originale e miglior fotografia. Hollywood si è rispecchiata nella storia di una celebrità decaduta, riconoscendo per il secondo anno consecutivo il lavoro fatto da un regista messicano, dopo il premio dello scorso anno ad Alfonso Cuaron per ‘Gravity’. Sul tema ha ironizzato anche Sean Penn, che ha ironizzato annunciando il vincitore con la domanda “Chi ha dato a questi figli di… la green card?”.
“Magari il prossimo anno il governo cambierà le regole per l’immigrazione per i messicani come me che non potranno pià entrare all’Academy” ha scherzato Inarritu, che ha dedicato la vittoria “Ai miei amici che vivono in Messico, prego affinché possiamo costruire il governo che ci meritiamo. E alle persone che vivono in questo paese e fanno parte dell’ultima generazione di immigrati, che possano essere trattati con uguale dignità delle altre generazioni che sono arrivate qui prima di loro e che hanno creato questa fantastica nazione di immigrati”.

Anche ‘Grand Budapest Hotel‘ porta a casa quattro Oscar, ma nessuno per il regista Wes Anderson: spicca la vittoria per l’unica italiana in competizione, la costumista Milena Canonero, alla nona nomination e quarta statuetta dopo ‘Marie Antoinette’, ‘Chariots of Fire’ e ‘Barry Lyndon’, che ha ringraziato il regista “grande ispiratore, come un direttore d’orchestra, un grande compositore”; e poi la colonna sonora originale di Alexandre Desplat (candidato anche per la colonna sonora di ‘The imitation game’), la scenografia di Adam Stockhausen e Anna Pinnock, e il makeup e hairstyle di Frances Hannon e Mark Coulier.

Tre le statuette ottenute dall’outsider ‘Whiplash‘ di Damien Chazelle, tra cui spicca la conferma del non protagonista J.K. Simmons, poi il montaggio di Tom Cross e gli effetti sonori di Craig Mann, Ben Wilkins e Thomas Curley.

Quasi a bocca asciutta il lavoro lungo 13 anni – di cui 12 di riprese – di Richard Linklater su ‘Boyhood‘: delle sei nomination con cui partiva, l’unico Oscar è andato, come ampiamente previsto, alla non protagonista Patricia Arquette, nel ruolo della sua carriera. In un anno avaro di riconoscimenti per le donne, l’attrice ha ringraziato “tutti quelli che ci aiutano ad avere pari diritti. È difficile avere un’eguaglianza degli stipendi per le donne negli Stati Uniti ed è ora che ne parliamo” ha detto, tra gli applausi e l’esultanza di colleghe in sala come Meryl Streep e Jennifer Lopez.

Altra conferma delle previsioni degli Oscar è stata Julianne Moore, premiata per ‘Still Alice‘ per la prima volta dopo quattro nomination in carriera. “Non c’è veramente una migliore attrice, è evidente guardando le interpretazioni delle altre candidate, è stato un grande onore fare questa strada con voi” ha detto rivolgendosi alle colleghe, e si è poi augurata che il film accenda “una luce sul morbo di Alzheimer: troppe persone che soffrono di questa patologia si sentono sole e almeno questo film potrebbe far capire che non lo sono”.

Così come il ruolo di una mente eccelsa che non si è fatta fermare dalla malattia è valso l’ambita statuetta a Eddie Redmayne, che ha intrepretato il cosmologo Stephen Hawking, affetto da Sla, in ‘La teoria del tutto‘, unico Oscar al film di James Marsh. “Sono un uomo fortunato – ha detto Redmayne commuovendosi sul palco del Dolby Theatre – questo Oscar appartiene a tutte quelle persone che stanno lottando contro la Sla. E appartiene ad una famiglia eccezionale, quella di Stephen, Jane e Jonathan”.

La sceneggiatura non originale ha portato l’unico Oscar a ‘The Imitation Game‘: lo sceneggiatore Graham Moore, che si è basato sulla biografia ‘Alan Turing: The Enigma’, in un discorso toccante ha ricordato che “Alan Turing non è mai riuscito ad arrivare su un palco come questo”. “Quando avevo 16 anni ho cercato di uccidermi perché mi sentivo strano, diverso, come se non appartenessi a questo mondo. Ora invece sono qui e vorrei dire a tutte le persone che si sentono strane e fuori posto continuate a essere diversi perché poi sarà il vostro turno, passate questo messaggio” ha concluso tra gli applausi del Dolby Theatre.

Snobbato ‘American Sniper‘ di Clint Eastwood, ha portato a casa il solo Oscar per il montaggio sonoro di Alan Robert Murray e Bub Asman; così come ‘Interstellar‘, dove Paul Franklin, Andrew Lockley, Ian Hunter e Scott Fisher hanno vinto l’Oscar per gli effetti speciali.

C’è invece stata una rivincita morale per ‘Selma‘: ignorato alle nomination, l’inero Dolby Theatre si è alzato per applaudire John Legend e Common che hanno cantato insieme ‘Glory’ in ricordo di Martin Luther King; subito dopo, il brano ha vinto come migliore canzone originale. “Noi abbiamo scritto questa canzone per qualcosa successo 50 anni fa, ma Selma è oggi, perché la lotta per la giustizia è oggi – hanno detto nel loro discorso di ringraziamento – Ci sono più persone di colore nelle nostre prigioni oggi che schiavi nel 1850 e noi sappiamo che siete là e marciamo per voi”.

Per quanto riguarda i film d’animazione, la Walt Disney Animation Studios ha fatto doppietta: dopo il premio al cortometraggio ‘Feast‘ di Patrick Osborne e Kristina Reed, è infatti andato a ‘Big Hero 6‘ di Don Hall, Chris Williams e Roy Conli l’Oscar 2015 per il miglior lungometraggio animato. “Congratulazioni a tutti gli alttri candidati, è stato un anno fenomenale per i film d’animazione, siamo privilegiati di essere qui in vostra compagnia”, hanno commentato i registi dal palco del Dolby Theatre, ringraziando tra gli altri anche John Lasseter, “il miglior capo del mondo”. Disney ha vinto nella categoria per il secondo anno di seguito, dopo la statuetta nel 2014 con ‘Frozen’.

Miglior film straniero il polacco ‘Ida‘ di Pawel Pawlikowski: “Come ho fatto a venire qui – si è chiesto il regista – un film in bianco e nero sul silenzio e la contemplazione”. Che ha salutato gli amici in Polonia “che ora sono davanti alla televisione, siete stati fantastici, ci avete aiutato e siete ciò che io amo della Polonia. La forza, il coraggio, il divertimento e il saper bere”. Pawlikosky ha dedicato il premio alla moglie scomparsa, così come i suoi genitori, “siete completamente dietro questo film” e ai figli, “voi siete il premio più bello”.

L’Oscar al miglior documentario è andato ‘CitizenFour‘ di Laura Poitras, Mathilde Bonnefoy e Dirk Wilutzky, sulla storia di Edward Snowden e lo scandalo della NSA, la National Security Agency. “Grazie e Edward Snowden e ai giornalisti che hanno sollevato il velo” ha detto Poitras accettando il premio. Infine ‘Crisis Hotline: Veterans Press 1‘ di Ellen Goosenberg Kent e Dana Perry ha vinto l’Oscar come miglior cortometraggio documentario.