Il ministro Giorgetti difende manovra ed esclude nuovi interventi

Disco verde dalla Commissione Bilancio della Camera alla manovra con il voto al mandato ai relatori. Oggi approderà in Aula per arrivare al voto finale il 29 dicembre pomeriggio. Dopo una giornata – spezzata solo dall’intervento del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti – di lavori la V Commissione di Montecitorio ha approvato un testo rimasto intoccato dai circa mille emendamenti proposti alle opposizioni, tutti respinti. Un ddl blindato dunque, che però il numero uno del Mef difende con convinzione: le modifiche approvate in Senato hanno portato ad un miglioramento di tutti i saldi di finanza pubblica – quelli di competenza sono pari a 198,9 miliardi nel 2024, a 165,3 miliardi nel 2025, a 131,6 miliardi nel 2026 e i corrispondenti saldi di cassa ammontano a 250 miliardi nel 2024, 209 miliardi nel 2025 e 176,1 miliardi nel 2026 – e sono escluse categoricamente “manovre diverse o aggiuntive” perché le stime nei documenti programmatici del governo sono in linea con le previsioni del Patto di Stabilità.Un Patto che “imporrà una disciplina”, ammette il ministro sotto al fuoco incrociato delle opposizioni, ma “bisogna fare delle scelte”.

E il governo – sostiene – ha scelto la responsabilità, optando per quello che Giorgetti definisce un “compromesso” anziché “mettere un veto a caso per tornare a regole peggiori”.Le nuove regole europee partiranno dal 2025, ma è impellente, per il titolare di via XX Settembre, “uscire dall’allucinazione che in questi anni abbiamo avuto che gli scostamenti si potessero fare, che il debito si potesse fare, che il deficit si potesse fare, che si potesse andare avanti così senza tornare ad un sistema di regole. Il punto – ha sottolineato – non è l’austerità ma la disciplina, cioè la capacità di chi fa politica di prendere decisioni e di difenderle pure se sono impopolari”. Il nodo quindi, per il ministro, non sono tanto le nuove regole, e nemmeno lo stop delle Camere al Mes, che non è “né la causa né la soluzione ai nostri problemi. Il nostro problema si chiama debito e va a tenuto sotto controllo o questo Paese non ce la fa”. E infatti, sul fronte caldo del superbonus, Giorgetti continua a storcere il naso di fronte alle richieste di FI, che dopo aver incassato il no del Mef alla proroga in manovra torna alla carica. “I dati degli ultimi mesi vanno addirittura peggio, in termini di uscite per la finanza pubblica, rispetto a quelli previsti dalla Nadef.

Sarà il Parlamento a decidere, ma per quanto mi riguarda so in cuor mio il limite di quello che posso fare e lo dirò in consiglio dei ministri”, scandisce Giorgetti dai banchi della Commissione, scagliandosi contro “una norma fatta in un momento eccezionale che ha prodotto risultati radioattivi che non riusciamo a gestire”. Il Paese, ha ammonito Giorgetti, “ha il 140% di debito sul Pil. Bisogna uscire da questo Lsd che abbiamo preso per 4 anni e piano piano eliminare tutte queste misure che non ci possiamo permettere”. Ma la trattativa tra Via XX Settembre e il leader di FI, Antonio Tajani in realtà prosegue. “Stiamo lavorando per una proroga del superbonus, soprattutto per chi ha i lavori oltre il 70%, vedremo se nel milleproproghe o in altre soluzioni legislative”, ha affermato il vicepremier, a cui fa eco il deputato azzurro, nonché relatore della finanziaria, Roberto Pella, spiegando di base si ragiona su una proroga che dovrebbe essere di 2-3 mesi e costerebbe – secondo Pella – intorno ai 2 miliardi. 

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