Il premier cerca di non aprire la crisi. Partito Democratico e Movimento Cinque Stelle compatti
La quiete prima e dopo la tempesta. E Giuseppe Conte non ci sta. Arriva ancora dai social la voce del premier che, dopo la riunione di ieri sera – che ha lasciato sul tavolo della crisi solo sospetti – insiste sul rimpasto senza apertura della crisi, non escludendo la conta in Parlamento. Arriva a tarda sera il lungo post su Facebook dove il premier altro non fa che lanciare ancora una volta il guanto di sfida a Matteo Renzi. “Sto lavorando anche a rafforzare la coesione delle forze di maggioranza e la solidità della squadra di governo” e “a una lista di priorità che valgano a indirizzare e a rafforzare l’azione del governo sino alla fine della legislatura”, condivide l’avvocato pugliese. Insomma questo è quello che è disponibile a concedere.
E’ evidente che le distanze non si sono colmate, per tutta la giornata dopo la riunione di ieri sera a palazzo Chigi, segnata da accuse reciproche, i telefoni sono rimasti silenziosi. Nessun contatto, “tutto fermo”, confermano esponenti delle diverse anime della maggioranza giallorossa. La data cerchiata in rosso è resta quella di martedì 12 gennaio quando Conte dovrebbe convocare il Consiglio per portare “la nuova bozza aggiornata del Piano, in modo da poter proseguire le interlocuzioni con il Parlamento e le parti sociali e poi passare alla stesura dello schema definitivo”. Questa la strada che Conte intende percorrere, senza andare a disturbare al Quirinale il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Italia viva, invece, vuole vedere il testo del piano per la resilienza almeno 24 ore prima del Cdm, ma nulla è stato fatto recapitare sulla scrivania dei renziani. Per questo l’ex segretario dem ha deciso di convocare una riunione dei gruppi questa sera alle 22, per discutere del da farsi, ma anche per serrare le fila e guardare negli occhi, anche se virtualmente, quelli che sulle cronache politiche sono annoverati come dissidenti, pronti a mollare l’operazione per sostenere Conte.
Il restyling al Conte 2 non basta. Renzi non vuole e non mollerà sul Mes ed è qui che la trattativa si è impantanata. La questione è politica e il senatore di Rignano lo sa benissimo. E’ “una provocazione”, commentano dal governo, un modo “per tirare la corda”. Perché il fine ultimo del leader Iv è quello di portare il premier alle dimissioni, cosa accadrà dopo, poco gli interessa. Alla fine il suo ‘sogno nel cassetto’ è quello di vedere a palazzo Chigi un altro capo del governo, politico o tecnico che sia.
Uno stallo che M5S e Pd non possono ammettere. Sembrano infatti concordate le voci che si alzano dai diversi attori che compongono l’esecutivo. “Siamo alle battute finali per la presentazione del Recovery Plan italiano e non sono ammessi rallentamenti”, tuona Luigi Di Maio, mentre il capo politico Vito Crimi richiama alla “responsabilità. Qui non è in gioco una poltrona, due poltrone o solo i destini del governo: sono in gioco i destini del Paese”. Dal Nazareno interviene anche Dario Franceschini, vestendo i panni del pacificatore, nel tentativo di indirizzare – anche dopo le tensioni con Renzi – una rapida e indolore soluzione: “Credo bastino un po’ di buonsenso e di buona volontà per evitare una crisi di governo in piena pandemia. Martedì mandiamo il Recovery in Parlamento e subito, come ha proposto Nicola Zingaretti. Avviamo un confronto nella maggioranza per un patto programmatico di legislatura”. E anche il messaggio di Conte via etere sembra chiudere il cerchio, con l’obiettivo evidente di isolare Renzi: “Abbiamo così tanti problemi da risolvere e così tante soluzioni da offrire, soluzioni a cui hanno contribuito tutte le forze di maggioranza e che ritengo valide ed efficaci, che non vedo l’ora di poter superare le fibrillazioni in corso”.
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