L'avviso di garanzia inviato lo scorso 2 novembre per finanziamento illecito ai partiti

L'ex premier e attuale leader di Italia Viva, il senatore Matteo Renzi, la capogruppo di Italia Viva alla Camera Maria Elena Boschi e il deputato del Pd Luca Lotti risulterebbero iscritti nel registro degli indagati nell'ambito dell'inchiesta della procura di Firenze sulla fondazione Open, fascicolo aperto per le ipotesi di reato di traffico di influenze e di finanziamento illecito ai partiti e che vede già indagati Alberto Bianchi, avvocato e presidente della fondazione fino al suo scioglimento, e il manager Marco Carrai, che era nel consiglio direttivo della fondazione con Boschi e Lotti.

Al centro dell'indagine una serie i finanziamenti di alcuni imprenditori alla fondazione che, tra il 2012 e il 2018, quando venne sciolta, fungeva anche da sostegno alle iniziative politiche di Renzi, tra le quali la Leopolda. Gli indagati, come riportato oggi dal quotidiano "La Verità" e confermato da alcuni legali, hanno ricevuto un invito a comparire in Procura per il prossimo 24 novembre, "per rispondere ad interrogatorio con l'assistenza del difensore di fiducia già nominato".

Recentemente la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso presentato dai legali di Carrai e di altri imprenditori contro il sequestro di documenti e pc, motivando con il fatto che non è provato che la fondazione Open fosse un'articolazione di partito, come invece sostenuto dalla procura fiorentina.

Ai cinque indagati è contestato il finanziamento illecito continuato "perché in concorso tra loro, in esecuzione di un medesimo disegno criminoso", Bianchi, Carrai, Lotti e Boschi, in quanto membri del consiglio direttivo della Fondazione Open "riferibile a Matteo Renzi, articolazione politico-organizzativa del Partito democratico (corrente renziana), ricevevano in violazione della normativa citata i seguenti contributi di denaro che i finanziatori consegnavano alla Fondazione Open", per un totale di circa 7 milioni di euro: 670.000 nel 2012, 700.000 nel 2013, 1,1 milioni nel 2014, 450.000 nel 2015, 2,1 milioni nel 2016, 1 milione nel 2017 e 1,1 milioni nel 2018.

I finanziamenti coprirebbero il periodo in cui Renzi partecipò alle primarie del Pd, poi diventandone segretario e infine eletto senatore nel marzo 2018, mentre Boschi e Lotti sedevano alla Camera dei deputati nelle file del Pd.

L'indagine condotta dal procuratore aggiunto Luca Turco e dal sostituto procuratore Antonio Nastasi, è iniziata nel settembre 2019 con i sequestri della documentazione nello studio dell'avvocato Bianchi, braccio destro di Renzi fin dalla prima Leopolda. I sequestri si sono poi estesi anche ai finanziatori di Open. Per la procura di Firenze e il Tribunale del Riesame la Fondazione Open "appare aver agito da 'articolazione' di partito politico, in quanto vi sono i riferimenti alle 'primarie dell'anno 2012', al 'comitato per Matteo Renzi segretario', alle ricevute di versamento da parlamentari" e "ha rimborsato spese a parlamentari e ha messo a loro disposizione carte di credito e bancomat"; inoltre "gli esiti dell'attività investigativa svolta evidenziano significativi intrecci tra prestazioni professionali rese dall'avvocato Bianchi e da suoi collaboratori e finanziamenti alla Fondazione Open".

La Cassazione, invece, nelle motivazioni con cui il 15 settembre scorso hanno annullato con rinvio il provvedimento del Riesame che aveva respinto il ricorso dei legali di Marco Carrai, sostiene che non è stato provato che la Fondazione Open agisse come un'articolazione di partito. Pertanto la Cassazione ha sancito l'illegittimità dei decreti di sequestro della documentazione compiuta nei confronti di Carrai e anche dei finanziatori non indagati nell'inchiesta, tra cui il finanziere David Serra. 

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