Un incontro "positivo" secondo i dem. Il premier: "Piena convergenza"
Un incontro "positivo" che serve a "chiarire le incomprensioni degli ultimi giorni". Nicola Zingaretti è da poco rientrato alla base dopo aver incontrato a Palazzo Chigi Giuseppe Conte e, al Nazareno, definiscono così il faccia a faccia tra i due. Il premier, poco prima di ricevere il leader dem, si dice "stupito" dai racconti che parlano di un "gelo" tra loro, eppure, il livello di tensione non era mai stato così alto.
Al segretario Pd non sono piaciuti alcuni non detti del presidente del Consiglio (vedi quello sulle Regionali), né tantomeno alcune frecciatine lasciate filtrare sul partito, la sua coesione e tenuta. Meglio chiarire subito e occhi negli occhi, quindi. Facendo una discussione di metodo e rispetto reciproco prima ancora di affrontare il capitolo 'nodi da sciogliere'. "La maggioranza ha fatto bene nella gestione dell'emergenza Covid, adesso non è il momento di disperdere i risultati raggiunti anche in termini di unità e compattezza", è il ragionamento che filtra dal Nazareno.
Da Conte arrivano rassicurazioni. Zingaretti apprezza e sigla la tregua ma ribadisce il suo avvertimento. "Il Governo ha la forza per decidere e fare le cose", ma deve accelerare. Sul tavolo ci sono ancora il piano industriale di Alitalia, la questione Aspi, la riscrittura dei decreti Salvini. Dossier da affrontare "prima ancora di arrivare al Recovery plan e alla decisione da prendere sul Mes".
Quanto al decreto Semplificazioni, è la linea del Nazareno, "il Pd è il primo sostenitore della sburocratizzazione dello Stato e della semplificazione, non certo il responsabile di eventuali ritardi". Conte vuole portare a casa la partita: "Piena convergenza con Zingaretti" sul provvedimento che andrà "presto in Consiglio dei ministri, commenta dopo l'incontro: "La pensiamo allo stesso modo: bisogna correre".
I dem accolgono positivamente, dopo il silenzio, le parole arrivate da Conte sulle Regionali. "Il no a una sintesi è una sconfitta per tutti. Anche per me", dice il premier. E per il Nazareno non è un caso che poco dopo arriva la mezza apertura di Vito Crimi ("Sì a un percorso condiviso dove ci sono le condizioni"). Le nubi, comunque, restano all'orizzonte. E a dimostrarlo c'è la richiesta recapitata al premier nel corso del vertice di mercoledì da Andrea Orlando. I dem vogliono accelerare sulla legge elettorale. "Si deve fare entro l'estate – spiega il vicesegretario dem – perché se si arriva al referendum poi non si fa più. E questo va contro il programma di Governo. In più, con la riduzione del numero dei parlamentari e la legge elettorale attuale milioni di italiani sarebbero sotto rappresentati". Arrivare al 20 settembre con la ripresa della scuola, la crisi economica post covid ancora da contrastare, la decisione sul Mes da prendere, il recovery plan da scrivere e le "regionali che andranno come andranno, non ti puoi permettere di non avere almeno l'ok in un ramo del Parlamento", è il ragionamento. La legge elettorale viene calendarizzata alla Camera il 27 luglio, ma se il centrodestra annuncia le "barricate" anche Iv avverte gli alleati: "Per noi il modello da cui ripartire è quello per l'elezione dei sindaci – spiega Marco Di Maio -. Ma fissarla adesso come priorità nel calendario parlamentare è piuttosto inspiegabile agli occhi di qualsiasi cittadino", puntando sulla ripartenza. Orlando replica caustico: "Credo che si possano fare due cose alla volta".
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