Secondo il M5s la misura sarebbe nel contratto di governo, ma il Carroccio non approva

Mentre non si sono ancora deposte le armi sul decreto sicurezza e sulla manovra, si prepara un altro terreno di 'confronto' – se non di scontro – nel governo giallo-verde. Con un colpo di mano la maggioranza vorrebbe cambiare il regime di prescrizione. Un emendamento, annunciato da tempo dal ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, a firma di due relatori, entrambi del Movimento Cinque Stelle, che di fatto elimina la prescrizione dopo la sentenza di primo grado.

Il Movimento Cinque Stelle sostiene sia nel contratto di governo, tanto da portare Luigi Di Maio a tirare dritto ed a annunciare che "lo stop alla prescrizione è importante" perché così "si mira a perdere tempo e alla fine i furbetti la facevano franca". L'alleato leghista non ci sta e, colto di sorpresa, per bocca dello stesso capogruppo della Lega alla Camera Riccardo Molinari fa trapelare "forti perplessità", anche perché l'argomento "non è stato concordato all'interno del governo".

Il vicepremier M5S, evidentemente al corrente dei mal di pancia del Carroccio, liquida le polemiche come "problemi interni alla Lega" di cui non si interessa. Anzi rincara la dose e afferma: "Lo stop alla prescrizione deve entrate nella legge Spazzacorrotti, perché l'emendamento è in linea con il contratto di governo. Questo governo non difende i furbi ma gli onesti". La Lega non la pensa allo stesso modo. Non solo sostiene che la norma non sia stata inserita in nessun accordo pre-elettorale, ma – come sostiene la deputata Anna Rita Tateo – "la riforma così com'è stata presentata, non passerà".

Si valuterà nei prossimi giorni, anche quando gli altri focolai di battaglia nell'esecutivo saranno spenti. Chi invece si pone già sul piede di guerra sono i penalisti, che si sono messi in stato di agitazione denunciando "l'inaudita gravità della riforma". Parlano di "norma autoritaria contro la Costituzione" e scrivono ai deputati firmati sostenendo che "la prescrizione ha origini antiche e chi oggi ipotizza la sua sostanziale abolizione è disposto a cancellare conquiste della civiltà giuridica pur di ottenere risposte di vendetta sociale in nome di una efficienza che lo Stato non sa altrimenti garantire".

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