La denuncia dell'organizzazione alla Camera

È scontro aperto tra governo e Confindustria sul decreto Dignità. Per l'organizzazione degli imprenditori, le nuove norme creano rigidità che potrebbero far perdere posti di lavoro, ben al di là degli ormai famosi 8mila posti all'anno stimati dall'Inps nella relazione tecnica delle polemiche). Il ministro responsabile del decreto, Luigi Di Maio, liquida le critiche come "terrorismo psicologico". "Rimaniamo convinti che occorrerebbe evitare brusche retromarce sui processi di riforma avviati", fa sapere Confindustria nella relazione scritta preparata per un'audizione parlamentare sul decreto. Il monito è di "non alimentare aspettative negative da parte degli operatori economici", e magari inserire nel testo dei correttivi in fase di conversione da decreto a legge.

Secondo gli industriali, il provvedimento renderà più difficoltoso il ricorso ai contratti a termine e alla cosiddetta somministrazione. Il problema, spiega Confindustria, non sta tanto nel nuovo limite temporale a 24 mesi, quanto nell'introduzione delle causali, che rischiano di aumentare il contenzioso. Questo, negli ultimi anni, si era ridotto passando da oltre 8mila processi nel 2012 a 1.250 nel 2016. La vera chiave per spingere più persone verso un lavoro stabile, ha spiegato la direttrice generale di Confindustria Marcella Panucci, è "agire sul costo del tempo intederminato: gli incentivi degli anni passati dimostrano che il ricorso all'indeterminato c'è se ci sono riduzioni importanti del costo del lavoro".

Alternando toni duri e dialoganti, il ministro Di Maio ha risposto prima via Facebook, quindi in un'ulteriore audizione parlamentare. Quelli di Confindustria, ha attaccato Di Maio sui social, "sono gli stessi che gridavano alla catastrofe se avesse vinto il no al Referendum, poi sappiamo come è finita". E "non possiamo più fidarci di chi cerca di fare terrorismo psicologico per impedirci di cambiare", perché "il decreto Dignità combatte il precariato per permettere agli italiani, soprattutto ai più giovani, di iniziare a programmare un futuro".

Quindi, ascoltato dalle commissioni parlamentari, il ministro ha detto di rigettare la "visione per cui esce un lavoratore e ne arriva un altro", anche perché "fa passare gli imprenditori come persone che utilizzano i lavoratori come una catena di montaggio". Poi però, in maniera più conciliante, ha ribadito che in fase di conversione del decreto si tenterà effettivamente di incentivare i contratti a tempo indeterminato, come auspicato dalla stessa Confindustria. Ci sarà anche spazio per la discussione sui voucher, ha aggiunto il ministro, ribadendo che "nel governo non c'è nessuna differenza di vedute". L'importante, ha sottolineato, è evitare di lasciare creare spazio agli abusi: bisognerà quindi circoscrivere in maniera precisa l'utilizzo dei ticket per esigenze e settori specifici.

Infine, Di Maio è tornato sulla fantomatica relazione tecnica allegata al Dl Dignità. Al ministero, in realtà, sono arrivate due diverse relazioni tecniche, una il 5 luglio e l'altra dell'11 alle 20, inviata dall'Inps, "che abbiamo letto la mattina successiva, nel giorno in cui il presidente della Repubblica firmava il decreto". "Nella prima relazione viene individuata una previsione ma non ci parlano degli impatti finanziari di disoccupazione, tanto è vero che non prevedono oneri per la Naspi – spiega -. La seconda, che non abbiamo chiesto noi del ministero del Lavoro, c'era scritto invece che per oneri finanziari si prevede la Naspi. Ma quella previsione non considerava la congiuntura economica e gli investimenti economici".

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