Il ministro del Lavoro contro il numero apparso nella relazione tecnica al decreto
Tra via Veneto e via XX settembre è guerra aperta. A innescare lo scontro sono poche righe della relazione tecnica che accompagna il decreto dignità, in vigore da sabato, in cui si evidenzia che la stretta ai contratti a tempo determinato rischia di far saltare ottomila posti di lavoro l'anno. Un numero immediatamente rimbalzato sui mezzi di informazione e che ha scatenato l'ira del ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico Luigi Di Maio, che della lotta alla precarietà annunciata con il provvedimento ha fatto la sua bandiera.
"Quel numero, che per me non significa assolutamente nulla, è apparso nella relazione tecnica al decreto la notte prima che si inviasse al presidente della Repubblica – accusa in una diretta su Facebook – Non è una cosa che hanno messo o chiesto i miei ministeri, e soprattutto non è una cosa che hanno chiesto i ministri". Da dove viene allora? Per Di Maio "questo decreto ha contro lobby di tutti i tipi".
"Il mio sospetto – rivela – è che sia stato un modo per cominciare a indebolire questo decreto e fare un po' di caciara". Insomma, la teoria del vicepremier è che nel viaggio tra il ministero del Lavoro alla Ragioneria dello Stato, che dipende dal ministero dell'Economia e deve bollinare i provvedimenti accertandone oneri e coperture prima che vengano sottoposti alla firma del presidente della Repubblica, sia intervenuta una 'manina' per danneggiare il governo e in particolare i gialli. Il sospetto che alimenta l'irritazione M5s è che negli uffici di via Venti Settembre ci siano uomini vicini all'ex squadra di governo. Ecco perché, è il ragionamento, bisogna 'fare pulizia' sia alla ragioneria dello Stato che al Mef, luoghi strategici in cui c'è bisogno di persone di fiducia e non di chi rema contro esponendo a critiche, se non a un vero e proprio rischio boomerang come accaduto stavolta, il governo e i suoi provvedimenti.
© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata