" E' un problema, quello della fedeltà, che non si pone più nessuno e mi meraviglio che diventi una sorta di clausola nel ddl Cirinnà" racconta a LaPresse
"E' più difficile volersi davvero bene in una coppia che essere fedeli. E amarsi alla follia, in preda alla passione, è più facile che volersi bene. Via l'obbligo di fedeltà dalla legge sulle unioni civili? E' un problema, quello della fedeltà, che non si pone più nessuno e mi meraviglio che diventi una sorta di clausola nel ddl Cirinnà".
A parlare con LaPresse, commentando la questione che sta infuocando da settimane il dibattito parlamentare, è Marina Ripa di Meana, voce spesso 'fuori dal coro', nota per le sue scelte di stile e, non solo, a volte stravaganti e in tanti casi discusse, e che ha un punto di osservazione privilegiato sui fenomeni di costume.
Marina Ripa di Meana, sposata con il duca Alessandro Lante della Rovere, da cui ha avuto Lucrezia, dopo il divorzio ha sposato il marchese Carlo Ripa di Meana, ha scritto alcuni libri autobiografici, fra cui I miei primi quarant'anni (ne è stato tratto un film di Carlo Vanzina), La più bella del reame e Invecchierò ma con calma (sui suoi settant'anni).
Nel maxi-emendamento del Partito democratico e del Nuovo Centro Destra che riscrive la legge, oltre allo stralcio della stepchild adoption c'è anche la cancellazione del cosiddetto obbligo di fedeltà per le coppie omosessuali, quello previsto nel codice civile tra i diritti e i doveri che derivano dal matrimonio. Marina Ripa di Meana con il suo consueto anticonformismo gioca sul paradosso per cui il vero matrimonio – sostiene – nasce quando finisce la passione. E così l'indiscussa regina dei salotti mette all'angolo la questione dell'obbligo di fedeltà, che proprio non la appassiona.
Che valore ha per lei l'obbligo di fedeltà in questa discussione politica, è giusto secondo lei dare tanta importanza a questo aspetto nella vicenda parlamentare delle unioni civili?
Fare una differenza fra unioni civili e matrimonio sulla base dell'obbligo di fedeltà per non equipararli è una operazione che si fonda su qualcosa di desueto, il tabù del tradimento. Una volta per adulterio si finiva in galera. Mi sembra che oggi il riconoscimento delle unioni di fatto sia una cosa importante e di cui occuparsi per risolvere i veri problemi: il diritto di assistere in ospedale un convivente, una persona con cui c'è un legame affettivo, ma con cui non si è sposati, la reversibilità e altri diritti. L'obbligo di fedeltà mi sembra un falso problema su cui non perdere tempo. Non mi appassionano queste discussioni che si incagliano su questo tipo di eccezioni.
Su cosa si basa la qualità e la durata delle vita di coppia oggi allora?
Il costume e la sensibilità sono cambiate: anche nei migliori matrimoni non ha senso scannarsi per una distrazione, che, in una lunga vita di coppia, si deve poter mettere in conto. La passione, che lega carnalmente e dal punto di vista fisico una coppia a un certo punto finisce. Io sono sposata da 37 anni ormai e non so nemmeno come sia accaduta una cosa così bella. E penso che se si vuole davvero la riuscita di un matrimonio in generale bisogna mettere in conto ostacoli come un tradimento.
E sulla stepchild adoption, sulle adozioni di bambini da parte dei gay, cosa ne pensa?
In questo- lo ammetto – sono 'conservative', a differenza di quanto la gente si aspetta da me. Nella vita di un bambino c'è la figura della madre e quella del padre, una donna e un uomo. Le adozioni gay quindi, a differenza degli altri diritti, non le contemplerei nella legge sulle unioni civili. Lo stralcio della stepchild adoption quindi mi sta bene.
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