di Fabio De Ponte
Roma, 3 lug. (LaPresse) – La gestazione è stata piuttosto lunga, ma alla fine della giornata il provvedimento è arrivato: il Consiglio dei ministri ha varato un decreto legge per la “continuità delle attività produttive in siti di interesse strategico nazionale” grazie al quale, anche in caso di sequestro, stabilimenti come l’Ilva di Taranto e la Fincantieri di Monfalcone possono continuare a produrre per un anno.
Il tutto “subordinatamente – spiega palazzo Chigi – alla presentazione di un piano contenente misure e attività aggiuntive, anche di carattere provvisorio, per la tutela della sicurezza sui luoghi di lavoro”. Si tratta di nuove disposizioni, prosegue il Governo, “volte a garantire la continuità dell’attività produttiva di stabilimenti industriali d’interesse strategico nazionale in presenza di sequestro giudiziario di beni quando questo si riferisce a ipotesi di reato riguardanti la sicurezza dei lavoratori, garantendo allo stesso tempo la salvaguardia dell’occupazione, della sicurezza sul luogo di lavoro, della salute e dell’ambiente”.
Un provvedimento legittimo, sottolinea l’esecutivo anticipando le polemiche, perché non fa altro che “ampliare quanto già previsto dalle disposizioni normative del 2012 sugli stabilimenti d’interesse strategico, disposizioni per le quali la Corte costituzionale ha chiarito la possibilità di un intervento del legislatore circa la continuità produttiva compatibile con i provvedimenti cautelari”.
Un intervento benedetto dai sindacati all’Ilva, che temevano lo stop totale dell’impianto. L’altoforno 2 infatti è stato sequestrato a causa di un incidente avvenuto l’8 giugno scorso, costato la vita a un operaio di 35 anni, Alessandro Morricella, che è stato investito da un getto di aria bollente mentre misurava la temperatura della ghisa ed è morto dopo quattro giorni per le conseguenze delle ustioni. “La nostra priorità – spiega Giuseppe Massafra, segretario della Cgil di Taranto – è quella di capire se l’impianto è in sicurezza” ma anche quello di mantenere l’occupazione e “il provvedimento di spegnimento dell’altoforno 2 determinerebbe una azione a catena che porterebbe allo spegnimento dell’intero impianto”.
Attualmente l’altoforno 1 e il 5 sono fermi per le prescrizioni Aia, il 3 è spento definitivamente, il 2 e il 4 sono attivi.
Strutturalmente, l’1, il 2 e il 4 contribuiscono ciascuno al 20% della produzione mentre il 5 da solo fa il 40% della produzione. “Finora – sottolinea Massafra – eravamo a una produttività del 40%, questo giustifica il provvedimento della solidarietà. Siamo in regime di solidarietà infatti proprio per questa scarsa produttività”. Se ora venissme spento il 2, per una serie di ragioni logistiche e di sicurezza spegnerebberro anche il 4. Il decreto ad hoc, arrivato in zona Cesarini, bloccherà lo spegnimento.
A Monfalcone il problema è analogo: il tribunale ha ordinato il sequestro di alcune aree della Fincantieri destinate alla selezione e allo stoccaggio dei residui di lavorazione. Col nuovo provvedimento si potrà continuare a lavorare. Soddisfatta la presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani: “L’intervento del Governo è stato tempestivo e ha offerto una soluzione immediatamente praticabile a una situazione potenzialmente esplosiva”, ha commentato.
Operazione che però non è stata facile. Il provvedimento deve tenere conto di molte esigenze. Perciò il Consiglio dei ministri, dopo una prima ora e mezza di lavoro in mattinata, è stato aggiornato alle 18.30 per lasciare ai tecnici il tempo di limarne il testo. Tempo che non è bastato: il Governo è tornato a riunirsi infatti solo alle 20. A quel punto però il testo del documento c’era e la riunione è stata lampo, giusto il tempo di firmare il decreto. A fine giornata il premier Matteo Renzi ha rivendicato l’iniziativa su Facebook: “Continuiamo – ha scritto – a dare priorità al salvataggio dei posti di lavoro in tutta Italia da Monfalcone a Taranto”.
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