Di Denise Faticante
Città del Vaticano, 6 mag. (LaPresse) – Un gesto simbolico, un gesto politico. Oggi, durante il consueto giro in jeep prima dell’udienza generale, Papa Francesco è sceso dall’auto ed è andato a salutare un gruppo di pellegrini cinesi che, dietro le transenne nel sagrato, sventolava le bandiere della repubblica popolare. Un gesto fuori dal protocollo che potrebbe essere letto come l’ennesimo segnale di distensione che il Vaticano invia al governo di Pechino. Una ‘diplomazia dei gesti’ a cui Bergoglio ci ha abituato e che si replicherà anche nei prossimi giorni. Domenica, infatti, il pontefice incontrerà Raul Castro. Non si tratta, si affrettano a dire in Vaticano, di una visita ufficiale ma di un incontro “strettamente privato”. Il presidente cubano verrà così a testimoniare di persona a Papa Francesco la sua riconoscenza per il ruolo diplomatico fondamentale che ha avuto nel disgelo tra Cuba e Stati Uniti.
Era il 17 dicembre scorso, giorno del compleanno dell’argentino, quando Raul Castro e Barak Obama, contemporaneamente, annunciano che dopo 53 anni riprendono i rapporti tra Usa e Cuba. Nell’accordo rientra il rilascio reciproco di una serie di prigionieri. In quel frangente emerge il ruolo diretto del pontefice che aveva mandato una lettera ai due capi di Stato invitandoli a riavviare le relazioni. Dopo l’annuncio, lo stesso Bergoglio aveva espresso “vivo compiacimento per la storica decisione”. A settembre Papa Francesco ricambierà la visita, recandosi a Cuba durante il suo viaggio negli Usa. Il programma è in via di definizione, ma le date cubane potrebbero essere 19-21 settembre. Un altro contributo verso il cammino di normalizzazione tra i due Stati. E c’è da chiedersi se già Bergoglio si stia adoperando per aiutare a rimuovere l’embargo: il nodo rimasto in sospeso dopo il disgelo.
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