Di Nadia Pietrafitta
Roma, 31 gen. (LaPresse) – A vincere è l’Italia, la politica con la ‘P’ maiuscola si affanna a dire lui, ma la partita del Colle ha il suo migliore in campo. Matteo Renzi supera brillantemente la prova del voto per il presidente della Repubblica, cancellando una volta per tutte, con l’elezione di Sergio Mattarella, la “macchia” del tradimento a Romano Prodi ad opera dei 101 che fino a oggi pesava sul curriculum dei grandi elettori del Pd (riuniti nel 2013 nella medesima formazione di oggi).
La giornata è di quelle frenetiche, anche se il risultato è già in cassaforte grazie al lavoro di fughe in avanti e pressing sugli avversari messo in atto nelle ore precedenti. Dopo la consueta sveglia di buon mattino, con la lettura dei giornali e i messaggini dell’ultimo minuto, (una foto del portavoce Filippo Sensi ritrae il premier mentre con una mano è impegnato a scrivere sul cellulare e con l’altra consulta il suo iPad) il presidente del Consiglio fa il suo ingresso a Montecitorio. La partita non è ancora entrata nella fase decisiva, ma Renzi sa già che il suo, nelle pagelle di fine giornata, sarà il voto più alto. Ecco allora che si concede un caffè alla buvette di Montecitorio, tra le strette di mano di deputati e senatori dem e le battutine riservate agli avversari politici. “Ho pagato il caffè alla Meloni ma se ne è andata” scherza, mentre visibilmente sorridente si sofferma con il consigliere politico di Forza Italia Giovanni Toti e l’ex parlamentare FdI Guido Crosetto.
E’ una vecchia conoscenza del Comune di Firenze, consigliera quando lui era primo cittadino, che incrocia prima di lasciare di buvette, a fargli tornare in mente giornate più dure. “Lei mi votava contro”, confessa, indicandola, ai cronisti che lo seguono a distanza ravvicinata. Il siparietto è servito: “Sono stata una dei pochi a dirti di no”, lo incalza lei. “Ne ho presi di no nella mia vita”, replica lui prima di andare ad aspettare i risultati dello scrutinio nella stanza del Governo, adiacente all’emiciclo di Montecitorio.
Con lui, mentre le votazioni sono ancora in corso, c’è ‘la delegazione Pd per il Quirinale’. I fidati vicesegretari Lorenzo Guerini e Debora Serracchiani, i capigruppo di Camera e Senato Roberto Speranza e Luigi Zanda, il presidente Matteo Orfini e i fedelissimi Luca Lotti e Maria Elena Boschi che tanto hanno lavorato per il raggiungimento del risultato. Il clima è disteso. I sorrisi e le pacche sulle spalle già si sprecano.
Nella stanza accanto – dove Angelino Alfano ha riunito i vertici di Ncd – si respira tutt’altra aria: sul tavolo del ministro dell’Interno ci sono le lettere di dimissioni del capogruppo al Senato Maurizio Sacconi e della portavoce Barbara Saltamartini, contrari alla decisione di convergere su Mattarella, ma Renzi e i dem, a pochi metri di distanza, non sembrano neanche accorgersene.
Quando lo spoglio ha inizio, deputati e senatori che compongono la delegazione scelgono di tornare in Aula. Il premier assiste alla lettura delle schede insieme al sottosegretario Delrio e al ministro della Giustizia Andrea Orlando, ma è accanto al presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano che decide di trascorrere i momenti decisivi. Quando i voti per Sergio Mattarella raggiungono quota 300 e le proiezioni danno già per acquisito il risultato parte l’sms dei vertici Pd per i grandi elettori. “Grazie per la serietà. Siamo orgogliosi del Pd e di ciascuno di voi”. Firmato: “Roberto, Luigi, Debora, Lorenzo e i due Matteo”.
Intanto sulla tv e sulle app dei telefonini i voti si aggiornano. Il numero magico è fissato a quota 505. Quando viene raggiunto, l’assemblea esplode in un applauso. Il Pd in aula festeggia: il sorriso di Maria Elena Boschi, il cinque tra Speranza e Guerini, la mano alla fronte del mediatore Lotti, che tradisce un “ce l’abbiamo fatta”. Renzi, invece, si precipita alla scrivania: “Buon lavoro presidente Mattarella. Viva l’Italia”, cinguetta – istituzionale – dall’iPad. Ma è l’abbraccio liberatorio con l’amico Graziano Delrio (immortalato dal portavoce Sensi) che si concede subito dopo, che ha il sapore della vittoria.
Il pomeriggio è un via vai di congratulazioni a palazzo Chigi, prima di rientrare in serata a Pontassieve. Il cellulare del premier è un continuo squillare. I complimenti arrivano numerosi e non solo da parte dei renziani doc (di “capolavoro politico” parla Andrea Marcucci, mentre Emanuele Fiano trasforma ‘House of cards’, la serie tv tutta politica di cui il premier è appassionato in ‘House of Renz’). Anche i componenti della cosiddetta minoranza dem riconoscono al segretario il merito di aver riunito il Pd. Quello che succederà da domani rimane un’incognita. Con Forza Italia messa alle corde, il patto del Nazareno che scricchiola e l’alleato di Governo in difficoltà, non sarà facile andare avanti con le riforme. Il premier, però, rimane ottimista. Quella per il Quirinale era #lavoltabuona. Succederà ancora.
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