Roma, 8 apr. (LaPresse) – Mantenere gli impegni presi, “tutti”, perché le riforme non sono semplicemente “un punto di orgoglio” di questo Governo ma “la precondizione della ripresa economica”. Il Consiglio dei ministri approva in poco più di un’ora il documento di Economia e Finanza per il 2014 e Matteo Renzi delinea subito il quadro dei conti: “Questo è un documento molto serio, molto rigoroso. Noi la crescita (per il 2014, ndr) la stimiamo allo 0,8 e non è l’1,1 come era stimata”, esordisce. Di più. Le riforme in programma e il taglio del cuneo fiscale si faranno rispettando i parametri europei, “entro il 2,6 per cento” del rapporto deficit/Pil. Sul tanto atteso capitolo coperture, il premier sfida la stampa e quello che lui chiama il partito del “ritornello del ‘tanto non ce la fate'”. Renzi non ha le slide, ma sulle cifre appare sicuro. “La copertura del 2014” dei 10 miliardi di euro di taglio di cuneo fiscale “riguarda 2/3 del periodo e ammonta a 6,7 miliardi di euro – spiega – 4,5 miliardi verranno dalla spending review”, (“il documento di Cottarelli parlava di 6 miliardi, noi lo asciughiamo un po’ che è fin troppo pesante”, sottolinea aggiungendo che “non ci saranno tagli lineari sulla sanità”) e 2,2 miliardi deriveranno dall’aumento del gettito Iva e dall’aumento della tassazione sulla rivalutazione della Banca d’Italia”. Quindi, è l’inciso, “saranno anche le banche a concorrere in questo sforzo”. Grazie alla politiche che “stringe la cinghia” e al contributo di chi in questi anni “ha avuto troppo”, con gli 80 euro in busta paga “gli italiani avranno la 14/ma: è giustizia sociale, non demagogia” ribadisce, ma non solo.
“E’ anche il modo per restituire un minimo di fiducia” perché “l’Italia ce la può fare”. Tra coloro che hanno avuto troppo, secondo Renzi, ci sono “anche i manager pubblici: Con il decreto del 18 aprile non potranno prendere più del Presidente della Repubblica e siccome Napolitano si è ridotto lo stipendio a 238mila euro, non potranno prendere più di 238mila euro”, è la sentenza che sarà operativa a partire dalle prossime nomine (tante aziende erano sopra questa cifra e riguarda tutto il mondo delle nomine. Non possiamo nominare persone che guadagnino più di quelle cifre”, puntualizza il premier). A confermare il quadro fiscale e la propulsione alla crescita che verrà innescata dalle riforme è anche Pier Carlo Padoan. Il +0,8% di Pil quest’anno è “una stima ragionevole”, accompagnata da un percorso di aggiustamento della finanza pubblica che prevede il deficit al 2,6%, spiega il ministro dell’Economia. Quanto al taglio di Irpef e Irap, aggiunge, “si tratta di una misura strutturale perché ci saranno tagli permanenti che hanno bisogno di coperture permanenti altrimenti non sono credibili”.
Per il titolare del Tesoro, lo stato delle finanze pubbliche “è a posto” e le riforme “migliorano il paese, lo rendono più efficiente e lo fanno crescere”. Ecco allora che il premier alza la voce nei confronti di chi, anche all’interno del proprio partito, intende bloccare il percorso delle riforme. “Al di là di qualche senatore in cerca di visibilità – è l’attacco – porteremo a casa il risultato”. Tra i punti “inderogabili” nella riforma del Senato, insiste, oltre alla fine del bicameralismo perfetto e la mancata previsione di un’indennità c’è quello che prevede la “non elezione dei senatori”. Il Pd è avvisato.
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