di Laura Carcano
Torino, 30 mar. (LaPresse) – “Grasso dice no a un Senato di governatori regionali e sindaci e senza eletti? Non sono d’accordo perché è importante che le due Camere siano differenziate, cioè che ce ne sia una che rappresenta le autonomie locali e si occupa delle leggi che hanno a che fare con i territori e l’altra che decide le questioni politiche”. Parola di Sergio Chiamparino, reduce dall’investitura che ieri a Torino con un incontro pubblico gli ha dato il centrosinistra come candidato alla Presidenza della Regione Piemonte, lanciando la sua campagna elettorale a pochissime settimane dalle elezioni regionali del 25 maggio. “Sono fra quelli che hanno dato il proprio modesto contributo tre anni fa alla riforma del Senato”, ha tenuto a ricordare Chiamparino. Domani il premier Matteo Renzi presenta in consiglio dei ministri il ddl che mette fine al Senato dei parlamentari eletti e il messaggio con cui l’ex primo cittadino si inserisce nell’acceso dibattito sulla riforma di Palazzo Madama, partito con una intervista di Grasso oggi su Repubblica cui è subito seguita la replica del premier Renzi, è chiaro. “Io – afferma Chiamparino – non rinuncio al federalismo solo perché la Lega lo ha infangato: perché un serio autonomismo regionale, in vista di una Europa cui i territori delle Regioni devono partecipare, è importante’. “Può darsi che su questo io non sia d’accordo con il presidente Grasso – evidenzia Chiamparino, candidato a governare il Piemonte, oltre che ex sindaco di una città del nord ed ex presidente dell’Anci – ma il federalismo resta una esigenza moderna”. “Il Senato delle Regioni, come avviene in Germania, è importante, per evitare che il federalismo diventi anarchia o addirittura secessione, come qualcuno vorrebbe”, prosegue Chiamparino, riferendosi al Carroccio.
“La parte istituzionale delle riforme cui sta lavorando il governo Renzi, cioè quella Delrio degli enti locali – ha detto l’ex sindaco di Torino, commentando sempre le parole del Presidente del Senato – più quella sulla trasformazione del Senato in Camera delle Regioni e delle città metropolitane, più la revisione del titolo V della Costituzione sul rapporto fra Regioni sono cose che, quando ero presidente dell’Anci e Delrio era il mio vice, abbiamo impostato, nel 2010 -2011, cose poi sono state portate giuste e necessarie modifiche. E io mi ritrovo in quel tipo di riforma”.
Una lettura quella di Chiamparino che si inserisce nel dibattito, surriscaldatosi in queste ore, sulle riforme istituzionali, in primis quella del Senato, e che l’ex primo cittadino di Torino fa inforcando gli occhiali del candidato alla Presidenza della Regione piemontese. “Il mio impegno in questa sfida elettorale regionale – spiega Chiamparino – è ridare orgoglio al Piemonte, perché reggere il portacenere a Bossi è ancora più degradante, che non le firme false”. Chiamparino cita la foto in cui si vede il governatore leghista del Piemonte Roberto Cota mentre regge il portacenere a Umberto Bossi, scattata ben prima che l’esponente del Carroccio arrivasse al capolinea della sua legislatura piemontese prima della scadenza, in seguito allo scandalo delle firme false alle liste che lo hanno sostenuto alle regionali del 2010 e a quello sui rimborsi.
La sfida per Chiamparino “è quella di un Piemonte come regione di arte cultura terra e gastronomia”. “Ho indicato la terra e la conoscenza come due grandi risorse – sottolinea l’ex sindaco di Torino – Quando c’è la crisi tornano a galla le risorse primordiali: la terra, da cui nasce tutto, e la testa, cioè la conoscenza. E poi punto sull’ idea di un ‘new deal’ della modernizzazione sociale, dalle case, alle scuole”.
La candidatura di Chiamparino alla guida del governo regionale piemontese nasce di fatto da una investitura del centrosinistra e non dalle primarie, la strada che il Pd ha praticamente ormai intrapreso sistematicamente per scegliere i candidati ai ruoli elettivi come sindaci, parlamentari, governatori regionali, fino al segretario nazionale del partito. E l’ex sindaco di Torino spiega perché questo strumento, non applicato nel suo caso, non è un dogma: “Perché bisogna fare le primarie se tutti dicono che il candidato è quello? – fa notare Chiamparino -. A volte la sinistra fa dei ragionamenti un po’ estranei a quello che è nella testa della gente comune”. “In questi giorni, in cui sono andato in giro fra le persone, incontrandole per strada – racconta Chiamparino – su 5 mila nessuno mi ha posto il problema delle primarie”.
Ma da dove riparte la ricostruzione dell’orgoglio del Piemonte con cui Chiamparino si lancia nella sfida della conquista del governo Piemonte? “Soprattutto nei territori fuori da Torino – afferma Chiamparino – ho trovato molto disorientamento perché il governo di centrodestra del leghista Cota ha fallito proprio sul tema che era più caro al suo elettorato in quelle aree, cioè far diventare quelle regioni quelle trainanti del Nord, insieme a Lombardia e Veneto. Invece hanno fatto diventare il Piemonte una regione subalterna”.
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