Roma, 17 set. (LaPresse)- “Un governo parlamentare del primo ministro”. Questo il filo conduttore del lavoro finale dei saggi che hanno lavorato sulle riforme costituzionali le cui tesi sono state illustrate a Palazzo chigi dal ministro Gaetano Quagliariello. Scendendo nel dettaglio, per quanto riguarda la forma di governo, il ministro riferisce di “un terzo modello” che ha trovato spazio nel documento rispetto ai due attorno ai quali era cominciata la discussione. Si tratta di “un governo parlamentare del primo ministro: prevede un presidente della Repubblica come garanzia, eletto da un collegio più ampio di quello di adesso, e il vertice dell’esecutivo è come quello di Westminster in Gran Bretagna”.

Ossia un premier forte che oltre ad avere nuove poteri come la revoca e la nomina dei ministri ha potere di scioglimento. Passando al bicameralismo, nella commissione dei saggi “c’è stata la consapevolezza quasi unanime di uscire dal modello bicamerale paritario e di differenziare il ruolo di Camera e Senato”. Luciano Violante parla, ad esempio, di 150 massimo 200 senatori. “C’è stata anche una corrente, minoritaria, che ha proposto il passaggio a una sola Camera”, aggiunge Quagliariello. Il ministro spiega poi che “ci si è occupati della legge elettorale che sarà a regime e non della safety net. Sono state evidenziate ipotesi diverse: il semipresidenzialismo è stato presentato con il doppio turno come quello francese”. Infine è previsto un sistema per dare più forza alle leggi di iniziativa popolare che, se non discusse dal parlamento nei termini previsti, si trasformeranno in un referendum.

“Non su tutti gli aspetti – ha specificato Quagliariello – c’è stata una condivisione, ma lo scopo della commissione non era trovare ma illustrare le varie soluzioni, l’organicità e le loro connessioni, nella consapevolezza che la scelta politica poi la farà il Parlamento quando si riunirà il comitato dei 40, in totale sovranità”. Quagliariello ha espresso “soddisfazione per aver portato il lavoro in porto” perché in un “momento come questo per salvaguardare i risultati della Carta del ’47 le riforme sono assolutamente necessarie. Questo porta evidentemente a dover operare dei compromessi rispetto alle proprie visioni”.

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